sabato 24 maggio 2014

IL SUCCESSO DELLA ABENOMICS





Il Giappone è considerato la terza potenza economica mondiale alle spalle degli Stati Uniti e Cina. La sua industria è una delle più avanzate ed imponenti al mondo ed è dominata dal settore automobilistico e dell’elettronica di consumo. Molto sviluppati anche il settore siderurgico, chimico, farmaceutico e videoludico. Il Giappone è inoltre uno dei paesi più avanzati tecnologicamente al mondo. Anche a livello finanziario, il paese del sol levante non se la passa male essendo Tokyo la borsa di Tokyo la più importante di tutta l’Asia. Nel paese possiamo trovare sia grandi multinazionali che piccole e medie imprese.
Il Giappone è stato protagonista di un vero e proprio miracolo economico che lo ha portato a crescere ininterrottamente dagli anni 60 all’inizio degli anni 90. Durante questo trentennio il paese è diventato uno dei più ricchi al mondo fino alla crisi economica degli anni 90 che ha portato il paese ad un deciso rallentamento. Il governo giapponese decise di affrontare la crisi applicando politiche di tipo neoliberista ma il tentativo si rivelò fallimentare. Furono applicate anche ricette di austerity e di controllo della spesa pubblica senza però ottenere alcun risultato se non cadere nella trappola della liquidità, alimentare aspettative negative che hanno portato ad una contrazione dei consumi e l’aumento della disoccupazione.
L’emergere di nuove potenze economiche in Asia come la Cina e l’India ha costretto il Giappone a trovare una soluzione ai problemi di stagnazione ed a cercare di rilanciarsi come potenza economica.
Il premier Shinzo Abe, eletto a dicembre 2012, ha creato una ricetta originale che prende il nome di “Abenomics”, che si basa su tre proposte: una politica fiscale espansiva mirata a stimolare la crescita attraverso l’aumento della spesa pubblica. Una politica monetaria espansiva. Infine un programma di riforme strutturali di lungo periodo che consenta un aumento degli investimenti del settore privato, maggiore concorrenza e un innalzamento del tasso di popolazione attiva.
Sul piano fiscale il governo ha stanziato 90 miliardi di euro destinati al risanamento e ricostruzione della prefettura di Fukushima e delle zone danneggiato dal recente Tsunami, alla ricerca ed allo sviluppo tecnologico, alla espansione del welfare ed all’aumento del tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro, la creazione e l’ammodernamento delle infrastrutture. Per cercare di rientrare un minimo nelle spese si è deciso di aumentare progressivamente l’iva dal 5% al 10%. In ogni caso il deficit pubblico è arrivato al 11,5% nel 2013.
Lo stimolo fiscale sarà accompagnato da una politica monetaria espansiva che ha come obiettivo finanziare la spesa pubblica e portare il Giappone fuori dalla deflazione. In parole povera il Giappone stamperà moneta per un equivalente di 1,4 miliardi di dollari fino ad arrivare ad un tasso di inflazione del 2%.
Per rendere possibile questa manovra, Abe ha nominato a capo della banca centrale l’economista Haruiko Kuroda famoso per essere sempre stato molto critico nei confronti della politiche di austerity.
La mente di Abenomics è Koichi Hamada, professore della Yale e oggi consigliere del ministro delle finanze.
Egli ha duramente criticato le misure di austerity ed in generale le politiche neoliberiste accusandole di aver gettato il Giappone nella stagnazione economica e di aver reso troppo forte lo Yen.
Non a caso infatti troviamo tra le misure del governo Abe una svalutazione della moneta.
Secondo il professore di Yale inoltre una svalutazione avrebbe condotto ad una diminuzione del debito pubblico reale a patto che esso continuasse ad essere detenuto da risparmiatori giapponesi.
Infine il premier giapponese propone una serie di riforme strutturali aventi come obiettivo una maggiore apertura dei mercati giapponesi nel tentativo di rompere la struttura altamente collusiva dell’economia giapponese. Punto fondamentale per il completamente di queste riforme è l’adesione alla Trans pacific partenership, un accordo economico che ha come obiettivo la riduzione dei dazi e delle tariffe doganali tra i paesi del pacifico.
La Abenomics ha attirato le critiche di molti detrattori ma il premier giapponese ha deciso comunque di applicarla. Le prime due manovre sono state attuate molto rapidamente in quanto accompagnate da un notevole consenso popolare. L’ultima parte della manovra invece richiederà più tempo per essere implementata perché va a contrastare con gli interessi di potenti lobbies.
Ma quali sono stati fino ad ora i risultati di questa nuova politica economica?
Il paese è finalmente uscito dal periodo di deflazione, il pil è cresciuto del 5,9% nel primo trimestre di quest’anno, le famiglie giapponesi hanno aumentato i consumi del 5%, la propensione all’investimento è aumentata e nel corso del 2013 la borsa giapponese è aumentata del 50%. 
Lo Yen, svalutato per effetto della politica monetaria espansiva, ha riacquistato competitività sui mercati internazionali e la disoccupazione è scesa al 4%.
Forse i numeri del 2013 possono sembrare “pompati” dalle manovre allora recentissime ma anche quest’anno il Giappone sta continuando a crescere a ritmi elevati nonostante l’iva sia aumentata del 3%.
Resta da vedere quale sarà l’effetto dell’ulteriore crescita dell’iva prevista per il 2015 certo che la situazione del Giappone è completamente diversa rispetto al 1997 quando il paese, a causa dell’austerity e dell’aumento delle tasse, rischiò di andare in bancarotta precipitando in un periodo di profonda recessione. 

D.Deotto

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