L’operazione Mare Nostrum, oltre ad aver messo a nudo la
debolezza del nostro paese, ha dimostrato per l’ennesima volta (come se ce ne
fosse ancora bisogno) quanto dannose possano essere le posizioni ideologiche
quando si parla di immigrazione.
Nel nostro piccolo il Friuli è stato testimone del
fallimento delle politiche della “accoglienza indiscriminata” tramite
l’imbarazzante saga della tendopoli del goriziano.
A Trieste e Gorizia si è assistito a scene degne del terzo
mondo con tanto di creazione di baraccopoli in riva al fiume e città di cartone
dentro edifici abbandonati.
Questi episodi hanno dimostrato da un lato tutte le lacune
della politica dell’immigrazione italiana, dall’altro hanno creato problemi
sociali in un momento di difficile crisi economica e sociale.
La responsabilità è da attribuire senz’altro alla provincia
ed alla regione che si sono mosse in totale assenza di pragmatismo e buon
senso, spesso rifiutando il dialogo con i comuni.
Le politiche sull’immigrazione italiane non generano
integrazione ma fomentano disordini sociali ed in fin dei conti non sono utile
all’immigrato nemmeno quando è un richiedente asilo.
In Italia non esistono politiche dell’integrazione sul lungo
termine ma soltanto la gestione delle emergenze nel momento in cui ci sono gli
sbarchi. Si tratta di politiche dispendiose che dopo aver accolto in tutta
fretta l’immigrato, lo abbandonano al suo destino costringendolo ad arrangiarsi.
In Italia non è possibile condurre un dibattito obiettivo
sul tema immigrazione perché viene strumentalizzato dalla politica a fini
elettorali. La questione si riduce ad una semplice discissione dai tono molto
accesi su chi può entrare e su chi può uscire. L’argomento immigrazione è molto
delicato e ridurlo ad un dibattito entrate/uscite è riduttivo. Altro grave
errore è ridurre l’intera questione ad una questione morale.
L’immigrazione è anzitutto una questione socio-economica e
di politica internazionale. Volere a tutti i costi ideologizzarla oppure
affrontarla esclusivamente da un punto di vista morale è il modo migliore per
non trovare soluzioni.
La questione immigrazione non dovrebbe poi ridursi ad una
questione normativa tra chi entra e chi esce dai confini nazionali. Parlare di
immigrazione significa anche parlare di cosa concretamente si ha intenzione di
fare per integrare i nuovi arrivati nel tessuto sociale.
Gestire l’emergenza allestendo tendopoli ha poco significato
se poi non c’è un programma di inserimento dell’immigrato in società. L’Italia
mostra molte carenze da questo punto di vista: si spendono un sacco di soldi
per le emergenze umanitarie ma le politiche di integrazione successive a questa
fase sono inesistenti.
Prova di ciò è la condizione dello straniero integrato e
residente da anni nel nostro paese.
Spesso sono queste persone a pagare lo scotto maggiore
nonostante siano quelle che effettivamente abbiano dimostrate tramite il lavoro
e l’impegno di poter far parte a pieno titolo della nostra società.
In Italia invece si discute da almeno dieci anni sulle
regole d’entrata senza per altro trovare un accordo e senza rendersi conto che
esse hanno un significato relativo: esistono infatti paesi che hanno regole d’entrata
piuttosto restrittive ma ottimi programmi d’integrazione (Austria, Australia e
Germania) mentre esistono paesi con regole d’entrata permissive e politiche d’integrazione
inesistenti (Italia).
La qualità di una politica d’integrazione non va valutata
dalle regole d’entrata ma dalla capacità dello stato ospitante di poter
integrare l’immigrato tramite apposite leggi.
Altrimenti rischiano di essere proprio gli immigrati
integrati e che rispettano le regole a farne le spese.
La strumentalizzazione politica e la poca lungimiranza con
cui si discute del tema immigrazione in Italia sta creando grossi problemi
nella gestione del fenomeno: spesso si cambiano le regole d’entrata per motivi
puramente ideologici. Mancano politiche d’integrazioni coerenti e sviluppate e
tutto viene affidato alla casualità. Le pratiche burocratiche richiedono mesi
per essere espletate causando spese ancora maggiori.
Vengono così adottate di volta in volta soluzioni temporanee
che richiedono un enorme esborso di denaro e non aiutano in alcun modo nemmeno
chi si vorrebbe fossero i destinatari di queste politiche.
Intanto ci si dimentica di chi in questa società si è
integrato lavorando onestamente e rispettando le leggi, contribuendo così ad un
maggior benessere collettivo. Queste persone potrebbero essere un’utile risorsa
per risolvere la difficile situazione di crisi in cui versa il nostro paese.
Una cosa fino qui è certa: l’Italia avrebbe bisogno di un
approccio meno ideologico e più pragmatico riguardo l’immigrazione. Soprattutto
avrebbe bisogno di un’oggettività che manca ed a cui nessuno sembra voler
tendere.
D.Deotto