lunedì 27 ottobre 2014

EVENTO CULTURALE IL PANE CHE UNISCE






Finalmente si avvicina la grande data: mercoledì 29 ottobre si terrà presso la pizzeria da Pierino la cena-evento culturale “Il Pane che Unisce” organizzato dalla nostra associazione e patrocinato dal comitato provinciale della Croce Rossa Italiana.
Il tema della serata verte sull’immigrazione e l’inclusione sociale in particolare si parlerà di legge sull’immigrazione e condizione dello straniero residente ed integrato in Italia.
L’evento è organizzato con la collaborazione di quattro comunità straniere: venezuelana, serba, corata e marocchina.
Saranno presenti alcuni rappresentanti del Centro Islamico di Udine, i quali parleranno riguardo il triste episodio del isis e dell’integralismo islamico ribadendo l’estraneità dei valori professati da questi estremisti rispetto alla tradizione islamica.
Verranno inoltre presentati musica e balli tipici serbi e croati inclusi la danza del ventre.
Infine potremmo contare sulla presenza dell’associazione Veneuropa.
Ogni nazionalità presenterà un piatto tipico della propria tradizione culinaria: Pabellon Criollo per il Venezuela, Pita sa Sirom e Pita sa krompirom per Serbia e Croazia, Milwue per il Marocco e infine la pizza per l’Italia. 
Potremmo contare sulla presenza di rappresentanti politici di maggioranza e di opposizione. 
Ringraziamo sentitamente la Croce Rossa Italiana, squadra di hockey su carrozzina dei Madracs e tutti gli sponsor che hanno appoggiato la nostra iniziativa: Tutto Estetica, EuroJapan, Gruppo Sane, Estetica Barbara micropigmentazione, Profumeria La Cipria.

il presidente. 
D.Deotto

lunedì 20 ottobre 2014

L'IMBARAZZANTE SAGA DELLA TENDOPOLI DI GORIZIA





L’operazione Mare Nostrum, oltre ad aver messo a nudo la debolezza del nostro paese, ha dimostrato per l’ennesima volta (come se ce ne fosse ancora bisogno) quanto dannose possano essere le posizioni ideologiche quando si parla di immigrazione.
Nel nostro piccolo il Friuli è stato testimone del fallimento delle politiche della “accoglienza indiscriminata” tramite l’imbarazzante saga della tendopoli del goriziano.
A Trieste e Gorizia si è assistito a scene degne del terzo mondo con tanto di creazione di baraccopoli in riva al fiume e città di cartone dentro edifici abbandonati.
Questi episodi hanno dimostrato da un lato tutte le lacune della politica dell’immigrazione italiana, dall’altro hanno creato problemi sociali in un momento di difficile crisi economica e sociale.
La responsabilità è da attribuire senz’altro alla provincia ed alla regione che si sono mosse in totale assenza di pragmatismo e buon senso, spesso rifiutando il dialogo con i comuni.
Le politiche sull’immigrazione italiane non generano integrazione ma fomentano disordini sociali ed in fin dei conti non sono utile all’immigrato nemmeno quando è un richiedente asilo.
In Italia non esistono politiche dell’integrazione sul lungo termine ma soltanto la gestione delle emergenze nel momento in cui ci sono gli sbarchi. Si tratta di politiche dispendiose che dopo aver accolto in tutta fretta l’immigrato, lo abbandonano al suo destino costringendolo ad arrangiarsi.
In Italia non è possibile condurre un dibattito obiettivo sul tema immigrazione perché viene strumentalizzato dalla politica a fini elettorali. La questione si riduce ad una semplice discissione dai tono molto accesi su chi può entrare e su chi può uscire. L’argomento immigrazione è molto delicato e ridurlo ad un dibattito entrate/uscite è riduttivo. Altro grave errore è ridurre l’intera questione ad una questione morale.
L’immigrazione è anzitutto una questione socio-economica e di politica internazionale. Volere a tutti i costi ideologizzarla oppure affrontarla esclusivamente da un punto di vista morale è il modo migliore per non trovare soluzioni.
La questione immigrazione non dovrebbe poi ridursi ad una questione normativa tra chi entra e chi esce dai confini nazionali. Parlare di immigrazione significa anche parlare di cosa concretamente si ha intenzione di fare per integrare i nuovi arrivati nel tessuto sociale.
Gestire l’emergenza allestendo tendopoli ha poco significato se poi non c’è un programma di inserimento dell’immigrato in società. L’Italia mostra molte carenze da questo punto di vista: si spendono un sacco di soldi per le emergenze umanitarie ma le politiche di integrazione successive a questa fase sono inesistenti.
Prova di ciò è la condizione dello straniero integrato e residente da anni nel nostro paese.
Spesso sono queste persone a pagare lo scotto maggiore nonostante siano quelle che effettivamente abbiano dimostrate tramite il lavoro e l’impegno di poter far parte a pieno titolo della nostra società.
In Italia invece si discute da almeno dieci anni sulle regole d’entrata senza per altro trovare un accordo e senza rendersi conto che esse hanno un significato relativo: esistono infatti paesi che hanno regole d’entrata piuttosto restrittive ma ottimi programmi d’integrazione (Austria, Australia e Germania) mentre esistono paesi con regole d’entrata permissive e politiche d’integrazione inesistenti (Italia).
La qualità di una politica d’integrazione non va valutata dalle regole d’entrata ma dalla capacità dello stato ospitante di poter integrare l’immigrato tramite apposite leggi.
Altrimenti rischiano di essere proprio gli immigrati integrati e che rispettano le regole a farne le spese.
La strumentalizzazione politica e la poca lungimiranza con cui si discute del tema immigrazione in Italia sta creando grossi problemi nella gestione del fenomeno: spesso si cambiano le regole d’entrata per motivi puramente ideologici. Mancano politiche d’integrazioni coerenti e sviluppate e tutto viene affidato alla casualità. Le pratiche burocratiche richiedono mesi per essere espletate causando spese ancora maggiori.
Vengono così adottate di volta in volta soluzioni temporanee che richiedono un enorme esborso di denaro e non aiutano in alcun modo nemmeno chi si vorrebbe fossero i destinatari di queste politiche.
Intanto ci si dimentica di chi in questa società si è integrato lavorando onestamente e rispettando le leggi, contribuendo così ad un maggior benessere collettivo. Queste persone potrebbero essere un’utile risorsa per risolvere la difficile situazione di crisi in cui versa il nostro paese.
Una cosa fino qui è certa: l’Italia avrebbe bisogno di un approccio meno ideologico e più pragmatico riguardo l’immigrazione. Soprattutto avrebbe bisogno di un’oggettività che manca ed a cui nessuno sembra voler tendere. 

D.Deotto

sabato 18 ottobre 2014

LA MANOVRA DI RENZI PER IL 2015




In questi giorni è stata varata la manovra finanziaria 2015.
La manovra è basata su quattro pilastri: taglia della spesa alla pubblica amministrazione, riduzione della pressione fiscale, cancellazione della componente lavoro dal irpef e azzeramento dei contributi per i nuovi assunti.
Ma manovra rispetta il limite del 3% imposto dalla unione europea ma a differenza delle precedenti manovre ha caratteristiche marcatamente espansive. Rispetto a tutte le manovre fatta dal 2011 in poi, che prevedevano solo tagli lineari, senz’altro si tratta di una novità.
Questa finanziaria può essere considerata la versione “timida” della manovra espansiva francese che è invece stata molto più profonda. Il governo francese si è infatti ribellato ai limiti imposti della UE varando una manovra che prevede lo sforamento del rapporto deficit/pil fino al 4,2%.
Il governo italiano presenta una versione “dolce”, dai contenuti espansivi ma comunque rispettosa dei limiti imposti dalla UE.
Sarà efficace questa manovra?
La risposta a questa domanda non è semplice perché per valutare l’efficacia dei provvedimenti bisognerà come minimo far passare tutto il 2015.
Ci sono tuttavia due questione estremamente importanti che determineranno o meno il successo di questa manovra: la prima riguarda il tempo, la seconda il funzionamento del sistema italiano.
La manovra espansiva arriva in Italia con quattro anni di ritardo. Già nel 2011, quanto la crisi italiana diventò evidente, l’Italia avrebbe avuto bisogno di una manovra espansiva per evitare effetti nefasti sull’occupazione ed in generale sull’industria. Allora si scelse la politica dei tagli lineari compromettendo una situazione economica già negativa. Le manovre degli anni successivi hanno continuato sulla strada tracciata dal governo Monti aggravando la situazione. Il 2014 è il primo anno in cui si è abbandonato questo approccio ma ormai è lecito chiedersi se non sia troppo tardi.
Come insegna la lezione della crisi del 1929, le manovre espansive per essere efficaci devono impiegare moltissime risorse ed essere condotte con estrema decisione. Il rischio attuale e che sia ancora troppo poco. Che un semplice taglio delle imposte non basti più nella situazione in cui versa l’Italia.
I danni all’economia negli ultimi 3 anni sono stati ingenti: la disoccupazione è salita al 13%, quella giovanile al 44%, 14269 imprese hanno fallito nel 2013 ed il numero potrebbe salire nel 2014, la cassa integrazione pesa per quasi 500 milioni sui conti pubblici, più di 80.000 italiano per il 70% laureati o comunque ad alta qualifica lasciano ogni anno il paese.
Si tratta di numeri molto pesanti davanti ai quali è lecito chiedersi se la manovra basterà oppure se sarà necessario un intervento molto più incisivo.
Il secondo punto riguarda la capacità delle regioni di tagliare gli sprechi e di evitare un aumento delle tasse in periferia. L’idea di tagliare le imposte sul lavoro è molto buona ma anche qui occorre chiedersi se non è troppo tardi. Il volume del lavoro in Italia è ridotto al minimo. Basteranno alcuni sgravi fiscali per far riprendere le assunzioni?
Con questa manovra si dimostra la volontà di tagliare le imposte ma la volontà del governo centrale corrisponderà con quella delle regioni?
Servirà uno sforzo a livello regionale per tagliare sprechi e spese inutili ma non è affatto certo che ciò accadrà. Potrebbe quindi accadere che la politica dei tagli lineari abbandonata dal centro venga ripresa dalla periferia.
Sembra che con questa manovra siano stati introdotti alcuni cambiamenti di mentalità ma per valutarne l’efficacia sarà necessario aspettare come minimo un anno. 

D.Deotto