sabato 18 ottobre 2014

LA MANOVRA DI RENZI PER IL 2015




In questi giorni è stata varata la manovra finanziaria 2015.
La manovra è basata su quattro pilastri: taglia della spesa alla pubblica amministrazione, riduzione della pressione fiscale, cancellazione della componente lavoro dal irpef e azzeramento dei contributi per i nuovi assunti.
Ma manovra rispetta il limite del 3% imposto dalla unione europea ma a differenza delle precedenti manovre ha caratteristiche marcatamente espansive. Rispetto a tutte le manovre fatta dal 2011 in poi, che prevedevano solo tagli lineari, senz’altro si tratta di una novità.
Questa finanziaria può essere considerata la versione “timida” della manovra espansiva francese che è invece stata molto più profonda. Il governo francese si è infatti ribellato ai limiti imposti della UE varando una manovra che prevede lo sforamento del rapporto deficit/pil fino al 4,2%.
Il governo italiano presenta una versione “dolce”, dai contenuti espansivi ma comunque rispettosa dei limiti imposti dalla UE.
Sarà efficace questa manovra?
La risposta a questa domanda non è semplice perché per valutare l’efficacia dei provvedimenti bisognerà come minimo far passare tutto il 2015.
Ci sono tuttavia due questione estremamente importanti che determineranno o meno il successo di questa manovra: la prima riguarda il tempo, la seconda il funzionamento del sistema italiano.
La manovra espansiva arriva in Italia con quattro anni di ritardo. Già nel 2011, quanto la crisi italiana diventò evidente, l’Italia avrebbe avuto bisogno di una manovra espansiva per evitare effetti nefasti sull’occupazione ed in generale sull’industria. Allora si scelse la politica dei tagli lineari compromettendo una situazione economica già negativa. Le manovre degli anni successivi hanno continuato sulla strada tracciata dal governo Monti aggravando la situazione. Il 2014 è il primo anno in cui si è abbandonato questo approccio ma ormai è lecito chiedersi se non sia troppo tardi.
Come insegna la lezione della crisi del 1929, le manovre espansive per essere efficaci devono impiegare moltissime risorse ed essere condotte con estrema decisione. Il rischio attuale e che sia ancora troppo poco. Che un semplice taglio delle imposte non basti più nella situazione in cui versa l’Italia.
I danni all’economia negli ultimi 3 anni sono stati ingenti: la disoccupazione è salita al 13%, quella giovanile al 44%, 14269 imprese hanno fallito nel 2013 ed il numero potrebbe salire nel 2014, la cassa integrazione pesa per quasi 500 milioni sui conti pubblici, più di 80.000 italiano per il 70% laureati o comunque ad alta qualifica lasciano ogni anno il paese.
Si tratta di numeri molto pesanti davanti ai quali è lecito chiedersi se la manovra basterà oppure se sarà necessario un intervento molto più incisivo.
Il secondo punto riguarda la capacità delle regioni di tagliare gli sprechi e di evitare un aumento delle tasse in periferia. L’idea di tagliare le imposte sul lavoro è molto buona ma anche qui occorre chiedersi se non è troppo tardi. Il volume del lavoro in Italia è ridotto al minimo. Basteranno alcuni sgravi fiscali per far riprendere le assunzioni?
Con questa manovra si dimostra la volontà di tagliare le imposte ma la volontà del governo centrale corrisponderà con quella delle regioni?
Servirà uno sforzo a livello regionale per tagliare sprechi e spese inutili ma non è affatto certo che ciò accadrà. Potrebbe quindi accadere che la politica dei tagli lineari abbandonata dal centro venga ripresa dalla periferia.
Sembra che con questa manovra siano stati introdotti alcuni cambiamenti di mentalità ma per valutarne l’efficacia sarà necessario aspettare come minimo un anno. 

D.Deotto

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