Mentre l’economia italiana è ancora ben distante dal
riprendersi, il premier Renzi annuncia di volere le olimpiadi a Roma per il
2024.
Si tratta di un modo come un altro per sperperare risorse
pubbliche e per applicare strategie economiche fallimentari.
L’economia italiana è sempre stata funestata da uno strano
interventismo economico, che, in ultima analisi, è una distorsione delle teorie
keynesiane.
Tale interventismo si basava su due pilastri: il
finanziamento pubblico delle imprese non competitive e l’avvio delle “grandi
opere”.
Questa dannosa mentalità si è rivelata fallimentare perché non
ha risolto i problemi del paese e perché inadeguata al mondo globalizzato, dove
parametri come efficienza produttiva e competitività sono fondamentali.
L’organizzazione delle olimpiadi da parte della città di
Roma era già stata affossata giustamente da Monti nel corso del proprio
mandato. Oggi viene proposta da Renzi come una possibile soluzione per il
rilancio della nostra economia.
In realtà Renzi con queste affermazioni dimostra di non
volersi porre in discontinuità con le politiche economiche del passato da anzi
di tentare di recuperarle.
Ci sono validi motivi per affermare che le olimpiadi del
2014 non saranno di alcun aiuto per il paese e per la città di Roma ma anzi
saranno l’occasione per ulteriori sprechi di denaro pubblico.
Esperienze recenti dimostrano come i grandi eventi sportivi
possono nuocere all’economia favorendo la speculazione edilizia, la corruzione
e gli sprechi.
Cito tre esempi tratti dall’articolo “Da Atene a Sochi, lo
sport che fa male all’economia” uscito su Linkiesta il 08/02/2014.
-
ATENE 2004: lo stato greco spese circa 10
miliardi di euro (il doppio del previsto) per la costruzione di impinti,
aereoporti, linee della metropolitana facendo impennare il deficit del 2004 al
6,1% ed il debito pubblico al 110%. Le nuove infrastrutture rimasero in gran
parte inutilizzate gravando però per 600 milioni di euro l’anno sul bilancio
dello stato. Nel 2005 la commissione europea mise la Grecia sotto monitoraggio
per deficit eccessivo. Mario Monti ha più volte affermato che furono proprio le
olimpiadi di Atene l’inizio della fine per lo stato ellenico.
-
ITALIA 90: Lo stato italiano spese centinaia di
miliardi di lire per costruire impianti ed infrastrutture che già dopo la fine
della manifestazione risultavano inadeguate se non proprio inutili. Da citare
lo stadio Sant’Elia di Bari (sproporzionato per le esigenze della città), lo
stadio Delle Alpi (raso al suolo dopo neanche vent’anni), oppure l’albergo
Ponte Lambro nemmeno mai terminato.
-
PECHINO 2008: la Cina non ha mai diffuso dati
ufficiali ma secondo la Banca Mondiali sono stati spesi circa 40 miliardi di
dollari. Sebben la Cina abbia goduto di un ritorno d’immagine non indifferente,
non va dimenticato che l’evento provocò una bolla immobiliare ed una
urbanizzazione non sostenibile del territorio.
In breve, la realtà ci dimostra che in determinate
circostanze la grandi opere o i grandi eventi sportivi non favoriscono la
crescita ma al contrario producono debiti e complicazioni soprattutto in paesi
con problemi di competitività e di corruzione.
Soltanto il Regno Unito, almeno fino ad ora, ha dimostrato
una certa capacità nel saper gestire eventi di questo tipo.
Il governatore della banca centrale brasiliana ha espresso
serie preoccupazioni per gli eventi sportivi che si sono tenuti e si terranno nel suo paese nel
2014 e nel 2016 poiché già vi sono evidenti segni di non sostenibilità oltre
che gravi problemi sociali.
Il premier farebbe bene a frenare gli entusiasmi ed a
mantenere i piedi per terra: l’Italia non ha bisogno di spese faraoniche per
costruire impianti inutili ma di una ristrutturazione completa della spesa al
fine di ammodernare il territorio e favorire l’occupazione sul lungo termine.
Tutte azioni che fino ad ora questo governo si è ben
guardato dal fare ponendosi in piena continuità con politiche economiche che hanno rovinato il paese.
L’Italia dovrebbe utilizzare meglio i soldi che ha anziché
sprecarli a vantaggio di pochi privilegiati.
D.Deotto
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