lunedì 31 marzo 2014

LA POSIZIONE GEOGRAFICA DI UDINE: UNA OPPORTUNITA’ SPRECATA





Udine è sita al centro del Friuli equidistante dal mare e dalla montagna, ad est c’è il confine sloveno ed a nord quello austriaco. Ad ovest c’è inoltre il Veneto anch’esso vicino.
La città si trova in una posizione molto favorevole equamente distante da tre confini ed a contatto con le tre principali culture dell’Europa continentale.
Tale caratteristica è stata tipica della città sin dal medioevo ed anche per una parte dell’età moderna.
Il patriarcato di Aquileia fu un grosso stato medioevale che si estendeva dal Cadore fin quasi a Lubiana e nel suo periodo di massimo splendore arrivò ad estendersi a nord sino al fiume Drava (Villach).
Tratto peculiare di questo stato era la sua multiculturalità e la sua capacità di far convivere assieme le tre principali culture europee allora accomunate dalla comune religione.
Il patriarcato non fu mai uno stato completamente indipendente poiché era considerato vassallo dell’imperatore. Successivamente il Friuli divenne parte della Serenissima mantenendo comunque una certa autonomia.
Gli eventi dell’età contemporanea quali la dominazione austriaca, il nazionalismo, le guerre mondiali e la Guerra Fredda hanno trasformato il Friuli da terra d’incontro tra i popoli in una zona di confine tra i blocchi contrapposti. Persa la sua peculiarità, il Friuli e la città di Udine divennero più famosi per le caserme che per la posizione strategica. Anche la vicina città di Trieste risentì negativamente di questo clima vendendo notevolmente ridotta l’importanza del proprio porto.
La fine della Guerra Fredda, la globalizzazione e la progressiva integrazione europea hanno portato ad una riapertura delle frontiere e dopo molto tempo il Friuli e la città di Udine si trovano di nuovo al centro dell’Europa.
Attualmente però la città non è in grado di sfruttare le nuove opportunità preferendo mantenere la mentalità che l’ha caratterizzata nei decenni precedenti.
Udine e la regione Friuli Venezia Giulia continuano a non sfruttare le nuove opportunità e questo viene evidenziato dai progetti poco ambiziosi varati sia a livello cittadino che regionale.
Udine troppo spesso continua a percepirsi solo come il centro del Friuli, talvolta nemmeno riuscendo troppo bene in questo compito, senza provare ad andare oltre. 
Manca per la nostra città una visione strategica di largo respiro in grado di superare un certa mentalità limitante.
Anche dal punto di vista economico, il Friuli si dimostra non in grado di superare un modello basato sull’innovazione di produzione che ha fatto la nostra fortuna nel passato ma che ora non è più applicabile a causa delle mutate condizioni economiche.
Eppure questo nuovo scenario potrebbe trasformarsi in una occasione unica di sviluppo per la città di Udine e per il Friuli.
L’integrazione europea ci permette di ideare un disegno strategico che può tornare a far essere Udine quel crocevia di culture che è stata nel medioevo. Un disegno del genere donerebbe ad Udine una rilevanza internazionale non di poco conto permettendole di diventare lo snodo di collegamento principale tra nord-sud ed est Europa.
Dal punto di vista economico è necessario internazionalizzare le imprese friulane e spingere verso l’adozione di un modello basato sulle innovazioni di prodotto, unico capace nell’occidente odierno di garantire benessere e stabilità economica.
Per realizzare un tale progetto però serve un classe politica ed imprenditoriale capace di realizzarlo oltre alla volontà forte volontà di portarlo avanti. Per il momento non ci si sta muovendo in questa direzione ed anzi si è molto ancorati al passato.
Tutto ciò rappresenta senz’altro uno spreco di opportunità che ci permette di sostenere che Udine sta perendo una grossa opportunità per aumentare la sua importanza e garantire maggior benessere ai suoi cittadini.

venerdì 28 marzo 2014

L’AVANZATA DELL’ULTRADESTRA: UN FALLIMENTO POLITICO PER L’UNIONE






Le recenti elezioni amministrative francesi sono state un fallimento per il partito socialista del presidente Hollande: in molti comuni importanti la UMP è in vantaggio ma ciò che è più preoccupante è l’avanzata del FN di Marine Le Pen. 
Quest’ultima ha notevolmente aumentato i propri consensi riuscendo in molti casi a presentarsi al ballottaggio se non proprio a vincere al primo turno.
L’ultradestra in Europa non ha mai ottenuto significativi risultati elettorali dopo la Seconda Guerra Mondiale ma gli eventi degli ultimi anni hanno decretato una sua rinascita assieme ad una generale crescita elettorale di tutti i partiti euroscettici.
In Grecia la formazione neonazista alba dorata è riuscita ad entrare in parlamento, in Francia il Front National è in continua crescita, nel Regno Unito l’UKIP ha un nutrito seguito ed in Italia il M5S è stabile al 20%. Inoltre paesi quale Spagna e Portogallo stanno dimostrando una notevole insofferenza costellata da critiche e proteste popolari.
Causa fondamentale di tutto ciò è la crescente disoccupazione, l’assenza di crescita, il precariato ed il progressivo decrescere delle buste paga.
Gli stati nazionali, strangolati dall’austerity imposta da Bruxelles, sono incapaci di porre freno a questi fenomeni mentre l’ira ed il malcontento dei rispettivi popoli va crescendo.
Questi allarmanti risultati elettorali sono una chiara bocciatura delle politiche imposte dalla Unione Europea.
L’austerity si è dimostrata incapace di risolvere la crisi economica: il limite del 3% del rapporto deficit/pil è particolarmente anacronistico così come lo sono politiche monetarie che nel breve periodo ci porteranno verso la minaccia della deflazione.
Ad aver fallito quindi è il modello dell’Europa interstatale a trazione tedesca basata sull’austerity e su uno stato egemone che, pur sfruttando di innegabili vantaggi economici, non è disposto ad affrontare dei costi di tipo economico, politico e militare.
Il progetto dell’unione monetaria, inoltre, mostra tutte le sue crepe perché alle spalle dell’euro non c’è una vera e propria banca centrale ma un organismo il cui unico compito è garantire la stabilità dei prezzi.
La BCE inoltre risulta particolarmente attaccabile perché le sue manovre monetarie sono soggette ai capricci degli stati membri più potenti e possono essere messe in qualsiasi momento sfiduciate dalle corti costituzionali nazionali.
Ostinarsi a voler mantenere una strettissima disciplina di bilancio in tempi di crisi è un suicidio economico perché l’austerity ha fallito persino nel compito di mantenere la disciplina di bilancio poiché è chiaro che se manca la crescita è impossibile riuscire a ripagare il debito.
Altrettanto assurdo è ostinarsi a voler considerare l’inflazione un problema quando il vero rischio che si corre è quello ben più grave della deflazione. Al contrario una inflazione controllata al 5-8% risulterebbe addirittura utile poiché spingerebbe i risparmiatori a tirare fuori i soldi dal cassetto, facendo così ripartire l’economia.
Sarebbe inoltre da valutare anche un riallineamento dell’euro: nel corso degli ultimi anni l’Euro si apprezzato tantissimo rispetto alle altre monete. Una svalutazione avente l’obiettivo di riportare il valore dell’euro a quello del 2002 potrebbe dare un po’ di fiato all’economia dell’eurozona.
In ogni caso sembra che il modello europeo conosciuto fino ad oggi non possa più andare avanti così: servono urgenti riforme affinché l’Europa torni ad essere quello spazio di crescita ed occupazione che è stato fin dai tempi della CECA.
Un’altra caratteristica negativa dell’Unione Europea è la costante presenza di organi non legittimati da alcuna votazione democratica. L’unico organo democratico veramente legittimato è il parlamento europeo privo comunque di grandi poteri. La commissione ed il consiglio sono invece non ricevono alcuna investitura popolare e non sono responsabili nei confronti del parlamento.
Sembra particolarmente legittimo quindi chiedere che l’Unione Europea diventi una confederazione che si occupa di alcune questioni fondamentali (spada, moneta, feluca) dotata di una vera banca centrale e di organi politici legittimati e responsabili. Si potrebbe per esempio pensare ad una commissione europea titolare del potere esecutivo, che gode della fiducia del parlamento europeo eletto democraticamente.
A questo punto l’intera Europa andrebbe sottoposta ad un processo di regionalizzazione con relativo snellimento degli stati nazionali ed aumento dei poteri per gli enti locali. Insomma un federalismo europeo.
Una architettura del genere risolverebbe molti problemi dell’Unione ed impedirebbe l’affermarsi di poteri egemoni o l’emergere di egoismi nazionali. Eventuali espansioni delle competenze comunitarie andrebbero comunque contrattate con gli stati nazionali garantendo loro comunque voce in capitolo.
Se l’Unione Europea non sarà capace di darsi una legittimazione ed un contenuto politico il rischio sarà quello di un suo clamoroso fallimento, che avrebbe ripercussioni gravi in tutti gli stati membri.
In un contesto come quello attuale sembra infatti molto difficile per gli stati meno popolosi riuscire a tutelare la propria sovranità senza adeguate forme di coordinamento sovranazionale.
E’ chiaro tuttavia che queste forme di coordinamento devono essere adeguate alla difesa del benessere della popolazione e non possono divenire in alcun modo una forma occulta di egemonia di alcuni stati sugli altri. 
Così come è ora l'Unione Europea non è in grado di risolvere i problemi posti dalla crisi economica ed in caso di mancate riforme costringerà gli stati del sud Europa a trovare forme di finanziamento alternative.