venerdì 28 marzo 2014

L’AVANZATA DELL’ULTRADESTRA: UN FALLIMENTO POLITICO PER L’UNIONE






Le recenti elezioni amministrative francesi sono state un fallimento per il partito socialista del presidente Hollande: in molti comuni importanti la UMP è in vantaggio ma ciò che è più preoccupante è l’avanzata del FN di Marine Le Pen. 
Quest’ultima ha notevolmente aumentato i propri consensi riuscendo in molti casi a presentarsi al ballottaggio se non proprio a vincere al primo turno.
L’ultradestra in Europa non ha mai ottenuto significativi risultati elettorali dopo la Seconda Guerra Mondiale ma gli eventi degli ultimi anni hanno decretato una sua rinascita assieme ad una generale crescita elettorale di tutti i partiti euroscettici.
In Grecia la formazione neonazista alba dorata è riuscita ad entrare in parlamento, in Francia il Front National è in continua crescita, nel Regno Unito l’UKIP ha un nutrito seguito ed in Italia il M5S è stabile al 20%. Inoltre paesi quale Spagna e Portogallo stanno dimostrando una notevole insofferenza costellata da critiche e proteste popolari.
Causa fondamentale di tutto ciò è la crescente disoccupazione, l’assenza di crescita, il precariato ed il progressivo decrescere delle buste paga.
Gli stati nazionali, strangolati dall’austerity imposta da Bruxelles, sono incapaci di porre freno a questi fenomeni mentre l’ira ed il malcontento dei rispettivi popoli va crescendo.
Questi allarmanti risultati elettorali sono una chiara bocciatura delle politiche imposte dalla Unione Europea.
L’austerity si è dimostrata incapace di risolvere la crisi economica: il limite del 3% del rapporto deficit/pil è particolarmente anacronistico così come lo sono politiche monetarie che nel breve periodo ci porteranno verso la minaccia della deflazione.
Ad aver fallito quindi è il modello dell’Europa interstatale a trazione tedesca basata sull’austerity e su uno stato egemone che, pur sfruttando di innegabili vantaggi economici, non è disposto ad affrontare dei costi di tipo economico, politico e militare.
Il progetto dell’unione monetaria, inoltre, mostra tutte le sue crepe perché alle spalle dell’euro non c’è una vera e propria banca centrale ma un organismo il cui unico compito è garantire la stabilità dei prezzi.
La BCE inoltre risulta particolarmente attaccabile perché le sue manovre monetarie sono soggette ai capricci degli stati membri più potenti e possono essere messe in qualsiasi momento sfiduciate dalle corti costituzionali nazionali.
Ostinarsi a voler mantenere una strettissima disciplina di bilancio in tempi di crisi è un suicidio economico perché l’austerity ha fallito persino nel compito di mantenere la disciplina di bilancio poiché è chiaro che se manca la crescita è impossibile riuscire a ripagare il debito.
Altrettanto assurdo è ostinarsi a voler considerare l’inflazione un problema quando il vero rischio che si corre è quello ben più grave della deflazione. Al contrario una inflazione controllata al 5-8% risulterebbe addirittura utile poiché spingerebbe i risparmiatori a tirare fuori i soldi dal cassetto, facendo così ripartire l’economia.
Sarebbe inoltre da valutare anche un riallineamento dell’euro: nel corso degli ultimi anni l’Euro si apprezzato tantissimo rispetto alle altre monete. Una svalutazione avente l’obiettivo di riportare il valore dell’euro a quello del 2002 potrebbe dare un po’ di fiato all’economia dell’eurozona.
In ogni caso sembra che il modello europeo conosciuto fino ad oggi non possa più andare avanti così: servono urgenti riforme affinché l’Europa torni ad essere quello spazio di crescita ed occupazione che è stato fin dai tempi della CECA.
Un’altra caratteristica negativa dell’Unione Europea è la costante presenza di organi non legittimati da alcuna votazione democratica. L’unico organo democratico veramente legittimato è il parlamento europeo privo comunque di grandi poteri. La commissione ed il consiglio sono invece non ricevono alcuna investitura popolare e non sono responsabili nei confronti del parlamento.
Sembra particolarmente legittimo quindi chiedere che l’Unione Europea diventi una confederazione che si occupa di alcune questioni fondamentali (spada, moneta, feluca) dotata di una vera banca centrale e di organi politici legittimati e responsabili. Si potrebbe per esempio pensare ad una commissione europea titolare del potere esecutivo, che gode della fiducia del parlamento europeo eletto democraticamente.
A questo punto l’intera Europa andrebbe sottoposta ad un processo di regionalizzazione con relativo snellimento degli stati nazionali ed aumento dei poteri per gli enti locali. Insomma un federalismo europeo.
Una architettura del genere risolverebbe molti problemi dell’Unione ed impedirebbe l’affermarsi di poteri egemoni o l’emergere di egoismi nazionali. Eventuali espansioni delle competenze comunitarie andrebbero comunque contrattate con gli stati nazionali garantendo loro comunque voce in capitolo.
Se l’Unione Europea non sarà capace di darsi una legittimazione ed un contenuto politico il rischio sarà quello di un suo clamoroso fallimento, che avrebbe ripercussioni gravi in tutti gli stati membri.
In un contesto come quello attuale sembra infatti molto difficile per gli stati meno popolosi riuscire a tutelare la propria sovranità senza adeguate forme di coordinamento sovranazionale.
E’ chiaro tuttavia che queste forme di coordinamento devono essere adeguate alla difesa del benessere della popolazione e non possono divenire in alcun modo una forma occulta di egemonia di alcuni stati sugli altri. 
Così come è ora l'Unione Europea non è in grado di risolvere i problemi posti dalla crisi economica ed in caso di mancate riforme costringerà gli stati del sud Europa a trovare forme di finanziamento alternative. 

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