venerdì 27 giugno 2014

LO SPETTRO DEL DEFAULT PER L'ARGENTINA


L'argentina è stata uno dei paesi più ricchi del Sud America nel corso della prima parte del XX secolo tanto che il reddito pro caite dei suoi cittadini non era troppo diverso da quello europeo.
Con l'inizio della guerra fredda il paese sudamericano ha lentamente iniziato il suo declino: instabilità politica, corruzione, dittatura e politiche economiche dannose hanno portato il paese ad uno stato di crisi permanente che ancora oggi non è stato risolto.
Tra il 1976 ed il 1983 fu imposta al paese da una dittatura militare una politica di stampo neoliberale che ebbe l'unico effetto di dissanguare le imprese ed aumentarela disoccupazione.
Il ritorno alla democrazia portò con se nuove politiche economiche che però ebbero come risultato una iperinflazione del 200%. Si formò un nuovo governo che tramite il ministro delle finanze Domingo Cavallo decise di cambiare moneta e di imporre un tasso di cambio fisso nei confronti del dollaro. Inizialmente questa soluzione si rivelò efficace riuscendo a diminire in tempi rapidi l'iperinflazione. Il paese però continuava ad essere colpito dalla corruzione e dall'evasione fiscale.
Come se non bastasse l'Argentina aveva un debito pubblico molto alto quasi tutto collocato all'estero.
Negli anni '90 il dollaro fu rivalutato e l'argentina si trovò agganciata ad una moneta troppo forte rispetto alla propria economia. Questo cominciò a rendere le importazioni più convenienti rispetto alle esportazioni determinando una fuoriuscita di capitali che danneggiava le imprese locali.
Il tasso di disoccupazione si alzò bruscamente e l'economia passo dalla stagnazione allo spettro della deflazione.
Nel frattempo il governo argentino di rifiutò di porre fine al regime di tasso di cambio fisso considerandolo erroneamente un suicidio. Il perdurare di questa situazione portò alla bancarotta del 2002. Con il default ebbe fine anche la politica dei tassi di cambio fissi.
Il paese entrò però in un periodo difficile in cui molte imprese, anche grosse, fallirono e molte andarono vicinissime al fallimento. Il tasso di disoccupazione elevato costrinse le persone a vivere di espedienti. Solo nel 2005 si arrivò ad un accordo per la ristrutturazione del debito che prevedeva che il 76% dei titoli oggetto di default fosse rimpiazzato da altri con un valore nominale molto più basso (25-35% dell'originale) e scadenze più lunghe. Il FMI criticò duramente questo piano di rientro ma il governo argentino decise di procedere comunque.
La storia non finisce qui: l'Argentina nel 2008 richiese un nuovo accordo per rinegoziare il pagamento dei debiti. Era evidente la volontà del governo argentino di ottenere condizioni più vantaggiose per affrontare una situazione che comunque rimaneva difficile.
L'Argentina oggi rischia di nuovo il default perchè la corte suprema americana ha respinto il ricorso della presidente Kirchner che prevedeva lo stop al rimborso degli hedge found.
La situazione all'interno del paese rimane critica: dopo il default del 2002 c'è stato una lieve ripresa ma tutti i problemi strutturali del paese rimangono intatti: tasso di inflazione elevato, disoccupazione alta ed evasione fiscale enorme.
Il governo della presidente Kirchner ha erroneamente pensato di poter risollveare le sorti del paese solo attraverso politiche monetarie più favorevoli senza procedere a riforme strutturali che invece sono necessarie.
Il risultato è che il paese oggi si trova sull'orlo di un nuovo fallimento e coinvolto in una crisi che sembra essere senza fine.


D.Deotto.

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