Il quattro novembre 1918 l’Italia firmava un armistizio con
l’Austria-Ungheria concludendo vittoriosa un conflitto che si era rivelato
molto dispendioso dal punto di vista umano ed economico.
I motivi che garantirono la vittoria italiana furono
molteplici: il primo senz’altro il cambio del capo di stato maggiore. Fino a
Caporetto capo di stato maggiore fu il generale Cadorna un vecchio generale
legato agli schemi ed alle tattiche ottocentesche. Cadorna non fu mai
all’altezza della situazione e la sua ostinazione ad utilizzare la tattica
degli attacchi frontali costo molto cara alle truppe italiane che subirono
notevoli perdite. L’utilizzo della decimazione per evitare le diserzioni e
costringere i soldati a combattere finì per fiaccare il morale delle truppe a
tal punto da renderle meno combattive. La sua sostituzione con il Generale
Armando Diaz fu un toccasana. Egli cambiò immediatamente strategia e tattica
preferendo concentrarsi sugli attacchi in punti strategici. La battaglia di
Vittorio Veneto fu frutto di quest’ottica: vennero simulati degli attacchi in
diversi settori del fronte ma alla fine l’attacco principale fu indirizzato
verso Vittorio Veneto dove avvenne lo sfondamento.
Secondo motivo fu senz’altro la diserzione in massa delle
truppe non tedesche. La situazione sul fronte occidentale era ormai compromessa
tanto che l’imperatore aveva già chiesto un armistizio ad inglesi e francesi.
La richiesta di armistizio provocò il disfacimento dell’impero con la
dichiarazione di indipendenza di Cechi, Croati ed Ungheresi
In particolare i soldati ungheresi non erano più
intenzionati a combattere una guerra non più loro: dopo i primi giorni di
accanita resistenza furono proprio le divisioni ungheresi a cedere per prime e
ad arrendersi di fronte ad un nemico che ormai ritenevano vincitore. L’esercito
austriaco rimase limitato alla sola componente tedesca che ben presto si
ritrovò isolata. Ormai era chiaro anche a Vienna che non era più possibile continuare
il conflitto.
L’Italia usciva stremata da un conflitto che costò molto
caro in termini di vite umane: un’intera generazione fu decimata e la vittoria
fu possibile soltanto arruolando i giovanissimi ragazzi del ’99.
Ma L’Italia era completamente cambiata anche dal punto di
vista sociale: quella guerra aveva definitivamente cambiato faccia alla società
italiana. Per la prima volta l’intera popolazione era stata mobilitata e per la
prima volta italiani del nord e del sud avevano condiviso il medesimo obiettivo
e le medesime fatiche.
I soldati che tornavano dal fronte dovevano essere
reinseriti in società dopo un assenza durata anni. Il paese si trovò
immediatamente ad affrontare problemi di inflazione dovuti proprio al conflitto
bellico.
Infine gli italiani dopo un sacrificio così grande si
aspettavano dalla vittoria radicali cambiamenti sociali e territoriali.
Cambiamenti che non avvennero: la classe politica pensò sbagliando che finito
il conflitto tutto sarebbe tornato come prima e gli accordi di pace non
garantirono quei compensi territoriali che tutti si aspettavano. Nacque il mito
della vittoria mutilata e l’intera penisola cadde preda delle rivendicazioni
sociali.
Nel 1918 non si poteva prevedere ma per l’Italia iniziavano
tempi difficili.
D.Deotto
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