Quasi sei anni fa’ Barack Obama vinceva le elezioni
presidenziali americani presentandosi come novità assoluta sul panorama
politico d’oltreoceano. Complice la crisi economica, i repubblicani subirono
una cocente sconfitta. Quattro anni più tardi Obama consolidò la propria
vittoria garantendosi nuovamente un buon successo. Sono passati due anni e ora
il presidente americano ha perso la schiacciante maggioranza di cui ha goduto
in passato. Ma quali sono i motivi del suo declino.
Ciò che garantì ad Obama la rielezione furono senz’altro i
suoi successi in politica economica. A differenza dei suoi colleghi europei, il
presidente americano optò per una politica monetaria espansiva a cui fu
affiancata una sostanziosa spesa pubblica orientata agli investimenti. Questo
tipo di manovra dal respiro keynesiano ha garantito una rapida ripresa della
occupazione, che già nel 2012 aveva cominciato a dare i suoi frutti. E’ di quest’estate
la notizia che gli Usa sono tornati ai livelli di occupazione e produzione del
2007. Davvero niente male per un paese che aveva il timore di sprofondare in un
nuovo 1929.
Ma allora perché Obama ha perso popolarità?
I successi in politica economica non sono stati accompagnati
da altrettanti successi in politica estera e negli Stati Uniti quest’ultima è
percepita come molto importante. La politica del presidente americano è stata
percepita come debole e pericolosamente simile a quella di Carter durante la
Guerra Fredda.
L’obiettivo iniziale della politica estera di Obama era
quello di rimediare agli errori di Bush, che avevano lasciato gli Usa in una
situazione difficile in Iraq e Afghanistan. L’idea di Obama era quella di
condividere il potere con alleati affidabili e disimpiegare progressivamente
gli Stati Uniti dai contesti ritenuti meno importanti. In particolare si è
cercato un disimpegno dal medioriente e dall’Europa in favore del Pacifico.
Molti fatti hanno confermato questo tipo di politica: la
diminuzione del numero di basi americane in Europa, il progressivo disimpegno
americano dall’Iraq e dall’Afghanistan, il tentativo di rafforzare alcune
alleanze. I piani di Obama, tuttavia non hanno avuto il successo sperato. Alcuni
alleati si sono dimostrati inaffidabili e l’instabilità internazionale è
aumentata con l’espandersi della crisi economica.
In particolare il fenomeno isis e la crescente instabilità
dei paesi islamici sta rendendo molto complicato il disimpegno americano. Obama
ha cercato di cavarsela, per esempio, finanziando i curdi contro l’avanzata
isis ma è troppo poco. E’ molto probabile che in quella zona sarà necessario un
intervento diretto.
Le primavere arabe non hanno inoltre sortito l’effetto desiderato:
in molte zone si sono concluse con una vittoria dell’integralismo islamico
oppure hanno lasciato i rispettivi paesi in una condizione di guerra civile
permanente.
La situazione in Europa non è andata meglio: l’Unione
Europea si è dimostrato un partner non capace di gestire situazioni di tensione
internazionale. L’esempio più evidente è la questione dell’Ucraina dove alla
fine è stato da più parti invocato l’intervento americano.
Obama ha sempre esitato nell’intervenire al punto da dare l’impressione
di essere debole. La conseguenza è stata un esacerbamento delle tensioni che
hanno generato maggiore instabilità.
Tutto questo ha colpito in maniera negativa l’elettorato
americano che ha giudicato come fallimentare la politica estera di Obama ed è
proprio dalla politica estere che deriva la bocciatura del presidente.
Forse una politica estera più energica ed interventista
avrebbe permesso al presidente americano di non sfigurare e di mantenere la
fiducia di un elettorato che fino a due anni fa sembrava saldamente schierato
dalla sua parte.
D.Deotto
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