Ormai non si contano più le dichiarazioni in Italia
riguardanti il continuo calo dei salari: tasse sempre più alte e stipendi al
ribasso sono orami al costante in un paese devastato dalla crisi.
La continua caduta dei salari non è un fenomeno recente ma
una costante che ci accompagna a partire dalla fine degli anni 90: esso ha
inizialmente colpito le nuove generazioni per estendersi progressivamente a
tutte le fasce sociali.
Nel 2005 si parlava di “generazione 1000 euro” ovvero
persone molto qualificate o comunque specializzate che guadagnavano appena 100
euro al mese. Allora l’incubo era proprio di finire nella “generazione 1000”.
A sette anni di distacco la situazione è cambiata in peggio
tanto che oggi la normalità è la disoccupazione e si considera un lusso poter
avere uno stipendio di 1000 euro al mese.
La continua caduta dei salari non è mai stata contrastata in
alcun modo da nessun partito politico e nemmeno dai sindacati che si sono
limitati di proteggere chi era già protetto.
Il risultato è che oggi molti ragazzi e non più ragazzi,
spesso persone qualificate e con titoli di studio, non lavoro, sono costrette
ad emigrare oppure nel migliore dei casi fanno lavori sotto-qualificati.
Secondo la leader della CGIL Susanna Camusso è in corso un
vero e proprio “attacco al lavoro” avente come obiettivo la riduzione dei
salari. Secondo invece il leader della Lega Nord Matteo Salvini, la caduta dei
salari è dovuta alla presenza massiccia di immigrati che si svendono per un
tozzo di pane.
Qualsiasi sia il proprio pensiero ormai un realtà sembra
chiara: non solo non c’è lavoro ma quel poco lavoro che c’è è pagato poco.
La drammaticità della situazione è stata messa a nudo da
Lorenzo Lambrughi, in arte Lambrenedetto XVI, famoso blogger che ha fatto un
confronto tra gli stipendi tedeschi e quelli italiani.
Molto significativo il confronto tra un lavoro di packaging
offerto ad una signora italiana disoccupata e lo stesso lavoro in Germania
offerto ad una ragazza extracomunitaria. Nel primo caso si trattava di un
contratto a cottimo (illegale secondo le nostre leggi) a 1,5 euro l’ora più 0,2
cent a pezzo. Nel secondo caso lo stipendio ammontava a 1500 euro al mese per
otto ore di lavoro al giorno dal lunedì al venerdì.
Non solo lavori a bassa qualifica ma lo stesso problema c’è
anche per lavori maggiormente qualificati: sempre nello stesso video un
elettricista italiano percepiva nel suo paese 1050 euro al mese. La stessa
persona trasferitasi in Germania nel giro di due settimane ha trovato lavoro
come elettricista a 1700 euro al mese.
Questi episodi mettono in luce come la “repubblica fondata
sul lavoro” stia andando a picco proprio sul lavoro. Oggi nel 2014 la
situazione lavorativa è drammatica: più del 40% dei giovani sono disoccupati,
il restante 60% sono in maggior parte precari, sottopagati ed in generale
incapaci di mantenersi da soli.
Anche tra i non giovani la situazione non è migliore: la
disoccupazione è pari al 13% e se aggiungessimo anche gli scoraggiati, la
percentuale salirebbe drammaticamente.
Per mettere fine alla contrazione dei salari, talvolta
nemmeno sufficienti a garantire la sussistenza, l’unica soluzione efficace è l’istituzione
di un minimo salariale.
Questo tipo di riforma è stata approvata da poco in Germania
dove si è deciso che dal 1 gennaio 2015 ogni lavoratore avrà diritto a
percepire un salario di almeno 8,5 euro l’ora lordi. Questa legge è stata il
pegno pagato dalla Merkel per poter fare la Grosskoalition con il partito
socialdemocratico.
Diversi i motivi che hanno spinto i socialdemocratici a
chiedere questo provvedimento: le pressioni dei sindacati, la minaccia di una
riduzione salariale dovuto alla presenza di numerosi immigrati dell’est Europa,
effetti indesiderati della globalizzazione.
Insomma i tedeschi hanno pensato bene di tutelare i propri
cittadini da possibili ricadute negative in ambito salariale per proteggere il
loro potere d’acquisto.
La legge approvata ha avuto un’importanza storica per la
Germania e costituisce un progresso sociale di notevole interesse anche per i
paesi del mediterraneo.
In un paese come l’Italia, dove gli stipendi continuano a
diminuire, dove chi specula sulla crisi sembra avere mano libera e dove molti
cittadini italiani e stranieri sono costretti a lavorare in condizioni
vergognose per un pugno di riso, imporre un minimo salariale, per esempio, di 7
euro l’ora sarebbe già un notevole progresso. E sarebbe una grossa mano per
tutelare un mercato interno che sta boccheggiando in maniera sempre più
evidente.
D.Deotto
l' unica via che vedo io è lo sforamento del 3% che credo arriverà...si tratta di vedere se cedendo altra sovranità, portando subito per esempio l' iva al 25%, o riuscendo a contrattare grazie all'appoggio di Francia e Spagna. E poi credo che Renzi penserà a utilizzare i soldi a debito per intervenire su salario minimo o reddito di cittadinanza e quindi vincere le elezioni...
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