mercoledì 16 luglio 2014

L'INCUBO DELLA DEFLAZIONE




L’anno 2014 si appresta ad essere uno dei più pesanti per quanto riguarda l’occupazione: la tanto decantata ripresa non c’è stata e la disoccupazione continua a rimanere alta.
Quel poco o nulla di ripresa di cui i mezzi di informazione parlano rischia di essere spazzata via dalla ormai imminente ondata di deflazione che colpirà tutta l’Europa.
La deflazione è la diminuzione generale del livello dei prezzi. Essa deriva dalla debolezza della domanda di beni e servizi. La generale e continua diminuzione dei prezzi rende gli investitori ed i consumatori meno propensi ad acquistare se non strettamente indispensabile nella speranza di una ulteriore diminuzione dei prezzi. Questo fenomeno crea una spirale negativa: i consumi e gli investimenti diminuiscono, i prezzi delle merci diminuiscono, i ricavi delle imprese diventano più bassi. A fronte degli introiti ridotti esse sono costrette a tagliare i costi attraverso riduzioni del salario e licenziamenti, i quali contribuiscono a loro volta a diminuire ulteriormente i consumi ed a creare instabilità sociale.
La deflazione è la conseguenza di un prolungato periodo di crisi ed è un fenomeno molto pericoloso perché tende ad aggravarla.
Il rischio che oggi corre l’Italia, assieme a tutto il sud Europa, è proprio questo: la nostra economia è già provata da cinque anni di crisi. Una riduzione generale dei prezzi rischierebbe di avere conseguenze catastrofiche in termini di produzione ed occupazione.
L’Italia in questo periodo, oltre che di riforme politiche ed economiche, ha disperato bisogno di investimenti. Solo questi ultimi possono garantire una ripresa e la creazione di nuove imprese e posti di lavoro. Una drastica riduzione degli investimenti avrebbe effetti molto negativi sulla nostra economia aggravando una situazione già critica.
Ma perché nessuno fa niente per contrastare la deflazione?
A questa domanda risponde egregiamente l’economista Luigi Zingales: la BCE, responsabile della politica monetaria, ha come unico obiettivo del suo mandato il contenimento dell’inflazione sotto il 2%.
Paradossalmente la BCE potrebbe aggravare la crisi economica ma sarebbe comunque rimasta fedele al suo mandato e quindi “all’interno delle regole” mentre accettando di aumentare l’inflazione violerebbe le regole dei trattati.
Ma perché il governo italiano non fa nulla?
Perché la discussione riguardo l’Europa in Italia è sempre stata molto approssimativa: non c’è mai stata una vera idea di Europa ma soltanto interessi di singoli schieramenti. Chi ci fece entrare nell’Euro non si è mai chiesto quali politiche economiche applicare nel paese ma l’ha fatto solamente perché quello è il club al quale vorrebbero appartenere nella speranza che gli organi di Bruxelles costringessero gli italiani a fare quello che non sono stati capaci di fare da soli. Si tratta della sindrome dello “straniero salvatore”: un atteggiamento tutto italiano che ci porta ad un sperticata ammirazione nei confronti di uno straniero ed alla convinzione che solo la sua bontà possa salvarci dai nostri problemi. Questo errore è stato commesso nel 1600, durante le guerre napoleoniche e durante la Seconda Guerra mondiale. In tutti i casi i risultati sono stati negativi per noi.
Chi invece si oppone all’Europa ed all’Euro spesso lo fa in maniera ideologica evocando lo spettro del nazionalismo e dell’eccessivo protezionismo. Si tratta della sindrome del “Italiano-vittima” che troppo spesso tende a dimenticare che, Europa o meno, noi non stiamo più crescendo da quasi trent’anni.
Ci sarebbe bisogno di meno proclami da Roma e da Bruxelles e di più fatti?
Anziché sventolare la bandiera dell’europeismo “fanatico” cosa ha intenzione di fare Draghi per impedire una ondata di deflazione generalizzata? Cosa ha intenzione di fare il governo italiano per tutelare gli interessi nazionali? Soprattutto per quanto tempo dovremmo ancora attendere per vedere le tanto decantate riforme?
Il rischio che corriamo è grave ed a noi conosciuto perché parte della nostra storia. 150 anni fa’ le sciagurate politiche di “piemontizzazione” causarono l’impoverimento del sud Italia e del triveneto.
Le politiche di deflazione della BCE oggi rischiano di creare una meridionalizzazione del sud Europa, Italia inclusa. Quanto ci conviene tutto questo?
Forse noi avremmo bisogno delle riforme ma, ad essere onesti, anche la UE ha bisogno di profonde e radicali riforme senza le quali rischia di essere completamente impotente, se non addirittura dannosa, in un momento in cui altri paesi come il Giappone e gli Stati Uniti stanno recuperando alla grande. 

D.Deotto

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