L’anno 2014 si appresta ad essere uno dei più pesanti per
quanto riguarda l’occupazione: la tanto decantata ripresa non c’è stata e la
disoccupazione continua a rimanere alta.
Quel poco o nulla di ripresa di cui i mezzi di informazione
parlano rischia di essere spazzata via dalla ormai imminente ondata di
deflazione che colpirà tutta l’Europa.
La deflazione è la diminuzione generale del livello dei
prezzi. Essa deriva dalla debolezza della domanda di beni e servizi. La
generale e continua diminuzione dei prezzi rende gli investitori ed i
consumatori meno propensi ad acquistare se non strettamente indispensabile
nella speranza di una ulteriore diminuzione dei prezzi. Questo fenomeno crea
una spirale negativa: i consumi e gli investimenti diminuiscono, i prezzi delle
merci diminuiscono, i ricavi delle imprese diventano più bassi. A fronte degli
introiti ridotti esse sono costrette a tagliare i costi attraverso riduzioni
del salario e licenziamenti, i quali contribuiscono a loro volta a diminuire
ulteriormente i consumi ed a creare instabilità sociale.
La deflazione è la conseguenza di un prolungato periodo di
crisi ed è un fenomeno molto pericoloso perché tende ad aggravarla.
Il rischio che oggi corre l’Italia, assieme a tutto il sud
Europa, è proprio questo: la nostra economia è già provata da cinque anni di
crisi. Una riduzione generale dei prezzi rischierebbe di avere conseguenze
catastrofiche in termini di produzione ed occupazione.
L’Italia in questo periodo, oltre che di riforme politiche
ed economiche, ha disperato bisogno di investimenti. Solo questi ultimi possono
garantire una ripresa e la creazione di nuove imprese e posti di lavoro. Una
drastica riduzione degli investimenti avrebbe effetti molto negativi sulla
nostra economia aggravando una situazione già critica.
Ma perché nessuno fa niente per contrastare la deflazione?
A questa domanda risponde egregiamente l’economista Luigi
Zingales: la BCE, responsabile della politica monetaria, ha come unico
obiettivo del suo mandato il contenimento dell’inflazione sotto il 2%.
Paradossalmente la BCE potrebbe aggravare la crisi economica
ma sarebbe comunque rimasta fedele al suo mandato e quindi “all’interno delle
regole” mentre accettando di aumentare l’inflazione violerebbe le regole dei
trattati.
Ma perché il governo italiano non fa nulla?
Perché la discussione riguardo l’Europa in Italia è sempre
stata molto approssimativa: non c’è mai stata una vera idea di Europa ma
soltanto interessi di singoli schieramenti. Chi ci fece entrare nell’Euro non
si è mai chiesto quali politiche economiche applicare nel paese ma l’ha fatto
solamente perché quello è il club al quale vorrebbero appartenere nella
speranza che gli organi di Bruxelles costringessero gli italiani a fare quello
che non sono stati capaci di fare da soli. Si tratta della sindrome dello
“straniero salvatore”: un atteggiamento tutto italiano che ci porta ad un
sperticata ammirazione nei confronti di uno straniero ed alla convinzione che
solo la sua bontà possa salvarci dai nostri problemi. Questo errore è stato
commesso nel 1600, durante le guerre napoleoniche e durante la Seconda Guerra
mondiale. In tutti i casi i risultati sono stati negativi per noi.
Chi invece si oppone all’Europa ed all’Euro spesso lo fa in
maniera ideologica evocando lo spettro del nazionalismo e dell’eccessivo
protezionismo. Si tratta della sindrome del “Italiano-vittima” che troppo
spesso tende a dimenticare che, Europa o meno, noi non stiamo più crescendo da
quasi trent’anni.
Ci sarebbe bisogno di meno proclami da Roma e da Bruxelles e
di più fatti?
Anziché sventolare la bandiera dell’europeismo “fanatico”
cosa ha intenzione di fare Draghi per impedire una ondata di deflazione
generalizzata? Cosa ha intenzione di fare il governo italiano per tutelare gli
interessi nazionali? Soprattutto per quanto tempo dovremmo ancora attendere per
vedere le tanto decantate riforme?
Il rischio che corriamo è grave ed a noi conosciuto perché
parte della nostra storia. 150 anni fa’ le sciagurate politiche di
“piemontizzazione” causarono l’impoverimento del sud Italia e del triveneto.
Le politiche di deflazione della BCE oggi rischiano di
creare una meridionalizzazione del sud Europa, Italia inclusa. Quanto ci
conviene tutto questo?
Forse noi avremmo bisogno delle riforme ma, ad essere
onesti, anche la UE ha bisogno di profonde e radicali riforme senza le quali
rischia di essere completamente impotente, se non addirittura dannosa, in un
momento in cui altri paesi come il Giappone e gli Stati Uniti stanno
recuperando alla grande.
D.Deotto
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