mercoledì 2 luglio 2014

UN NUOVO MODELLO DI INTEGRAZIONE PER L'ITALIA




Il problema dell’immigrazione e dell’integrazione degli stranieri è una delle questioni più dibattute degli ultimi tempi. E’ indubbio che la società italiana stia cambiando: in passato l’Italia è stata un paese d’emigrazione e per lungo tempo il fenomeno più comune è stato l’emigrazione di ritorno.
A partire dagli anni ’90 la situazione è cambiata e il nostro paese è diventato meta d’immigrazione da parte di popolazioni balcaniche, est europee, sudamericane ed africane.
La prima grande migrazione fu quella degli albanesi che venne affrontata dalla legge Martelli, un decreto d’urgenza che ha avuto più la funzione di gestire un emergenza che di regolare i flussi migratori.
Sono seguite altre comunità con il risultato che oggi in Italia risiedono stabilmente molti immigrati, la gran parte dei quali ha messo su famiglia ed ha fatto figli qui. I loro figli spesso sono nati e cresciuti in Italia.
L’esigenza dell’integrazione degli stranieri è quindi oggi un problema reale e sentito.
Il paradigma andato per la maggiore nel corso degli ulti 10 anni si è basato sulle “discriminazioni positive” ovvero concedere all’immigrato dei diritti superiori rispetto al autoctono al fine di facilitare il suo inserimento e la sua integrazione. Questo metodo ha tuttavia fallito nei suoi intendi creando solo malcontento ed auto-ghettizzazione sia tra gli immigrati che nel rapporto italiani-immigrati.
I bonus di cui godono, per esempio, coloro che sono appena sbarcati a Lampedusa sono un schiaffo morale nei confronti di tutti quegli immigrati che per poter rimanere in Italia hanno dovuto accettare qualsiasi tipo di lavoro, fare file interminabili in questura ed affrontare tutti i problemi tipici dell’inserimento in una nuova società. Tutte queste persone che non hanno ricevuto aiuti e che si sono adattate pur di poter rimanere in Italia si sentono oggi discriminate nei confronti di chi invece gode di vantaggi spesso sconosciuti persino agli stessi italiani. Sono proprio questi stranieri i primi a non tollerare questa situazione in quanto vissuta come una ingiustizia nei loro confronti.
Allo stesso modo risulta di difficile comprensione perché un immigrato appena sbarcato a Lampedusa debba godere di diritti spesso non riconosciuti a qualsiasi altro italiano anche se povero o in difficoltà.
Non si capisce per quale motivo un immigrato appena giunto nel paese debba ricevere un sussidio oppure perché ad essi debba essere destinati speciali corsi di formazioni magari non accessibili ai disoccupati italiani. Questa disparità di trattamento risulta incomprensibile in un momento di grande difficoltà per il paese che ha assolutamente bisogno di pensare prima di tutto agli italiani.
Le difficoltà della crisi hanno infatti indotto molti paesi ad una restrizione nelle politiche della immigrazione. Per esempio la Spagna già da molti anni ha adottato una politica di respingimenti basata sul principio che non ci sarebbe lavoro per questi nuovi arrivati.
La ricca Germania ha già da tempo posto un forte tetto all’arrivo di extracomunitari nel proprio territorio. Sempre più spesso essi devono dimostrare di potersi mantenere, di aver trovato un lavoro e di avere dei titoli di studio adeguati. In particolare si è voluto impedire che un extracomunitario posso godere troppo a lungo dei vantaggi del welfare state tedesco senza aver risieduto in Germania per un certo periodo di tempo.
Persino gli Stati Uniti, paese storicamente non ostile all’immigrazione, ha posto delle regole d’ingresso ben precise nel paese volte ad evitare una politica di accessi indiscriminati.
L’Italia invece che fa? In un periodo difficilissimo per la nazione, con una disoccupazione galoppante, decide di spendere milioni di euro a favore degli immigrati continuando con una politica di discriminazioni positive ormai arrivata a tal punto da infastidire gli italiani e gli stranieri residenti da lungo periodo.
Il punto più alto delle “discriminazioni positive” si è avuto forse in ambito calcistico a tal punto da avere un commissario tecnico che ha fatto più politica che sport e che ha costruito l’intera squadra attorno ad un giovane immaturo e sopravvalutato.
Tutte queste considerazioni però non devono portare verso pericolose derive di razzismo biologico.
Tali principi sono infatti dannosi al pari delle discriminazioni positive e vanno evitati in quanto privi di ogni fondamento.
Il problema non è il colore della pelle ma l’adozione di principi sbagliati che non favoriscono l’integrazione ma la rendono impossibile creando rancori e divisioni.
Il principio delle discriminazioni positive è infatti sbagliato nelle sue fondamenta perché va a ledere un altro principio altrettanto sacrosanto cioè quello del merito.
Meritocrazia e solidarietà sono due principi irrinunciabili per la società ed in nessun caso uno può offuscare l’altro.
Nel caso dell’immigrazione sarebbe necessario che in Italia si abbandonasse il principio della discriminazione positiva andrebbe abbandonato in nome dell’adozione dei principi della necessità, della affinità culturale e del merito inteso come volontà di adattamento.
Il numero degli ingressi dovrebbe essere regolato in base alle necessità della nazione così come il livello di qualifiche dei nuovi arrivati dovrebbe essere adeguato a quanto richiesto da una moderna economia avanzata. L’immigrazione andrebbe inoltre indirizzata verso quelle popolazioni che più facilmente possono integrarsi nel tessuto sociale italiano (per esempio altri europei o sud-americani) per motivi di tipo culturale e storico. Infine il nuovo arrivato deve dimostrare di essere disposto ad adattarsi ai costumi ed alle usanze del paese che lo sta ospitando. Solo in questa ottica si possono spendere efficacemente soldi pubblici.
I governi italiani anziché adottare politiche inefficaci dovrebbero aprire un atlante e studiarsi la legge sull’immigrazione di un paese che è collegato a noi anche se lontanissimo: l’Australia.
Questo paese ha infatti ideato una politica dell’immigrazione molto originale, rigorosa e soprattutto efficace.
Essa si basa sul respingimento degli immigrati irregolari e su una rigorosa politica di permessi per quanto riguarda l’immigrazione regolare. Detta in poche parole in Australia si può entrare solo se in possesso di determinati visti e si può rimanere solo si è riusciti a trovare un lavoro.  Gli australiani inoltre fanno una selezione in entrata in base al paese di provenienza dell’immigrato favorendo le culture più facilmente integrabili.
Lo stato australiano, inoltre, stanzia dei soldi per aiutare lo sviluppo dei paesi limitrofi dell’arcipelago al fine di creare delle condizioni di sviluppo economico in quei paesi impendendo così grosse ondate migratorie.
Il risultato è stato che l’Australia è stata in grado di trasformare i flussi migratori in una risorsa per l’economia mentre il nostro paese, a causa di visioni ideologiche, ha subito e sta subendo un danno da essi.
In Italia bisogna cambiare in fretta il paradigma alla basse della gestione dei flussi migratori. Chi sarà capace di compiere questo cambiamento avrà in mano la possibilità di creare una vera politica di integrazione e non una serie di finti bonus in grado soltanto di danneggiare l’economia e creare rancori tra i residenti. 

D.Deotto

2 commenti:

  1. Ci sono degli interessi e parliamo di milioni di euro. Una conoscente, infermiera, alcuni mesi fa decise di rinunciare a buona parte del proprio stipendio per raggiungere la Sicilia e lanciarsi nell'avventura del volontariato e dell'assistenza ai disperati migranti. Arrivata in loco scopre di essere alloggiata insieme ad altri volontari in un locale fatiscente precedentemente abbandonato e dover dividere l'alloggio con topi e scarafaggi! Questo mentre i dirigenti della stessa associazione, famosissima e che riceve moltissimi aiuti, alloggiavano in albergo 4 stelle. Ben presto l'infermiera verifica che i protocolli sanitari sono praticamente inesistenti, definiti da qualche burocrate che non sa nemmeno cosa sia una siringa. Subito dopo si rende conto che la gestione dei servizi a questi centri di accoglienza è di fatto gestita e controllata dalle organizzazioni criminali locali: la mafia. Che esistono delle organizzazioni criminali nei paesi di origine dei migranti che agiscono in perfetta simbiosi con la nostra malavita. Ora, poniamoci una domanda, se in Etiopia, in Pakistan, lo stipendio medio mensile è di 40-50 € come spiegate che questi viaggi costino ai clandestini fino a 100 stipendi? Sarebbe l'equivalente di 100.000 euro per un italiano. Si possono definire "disperate" persone che dispongono di quelle cifre?
    Appare chiaro che quel danaro è frutto di operazioni poco chiare. Sicuramente spesso l'organizzazione criminale anticipa quel danaro arruolando poi l'immigrato, che diventa uno schiavo finchè non ripaga tutto il debito. Stat sicuri che le associazioni criminali sanno bene a chi possono fare credito, a donne giovani e belle che possono poi dirottre nel circuito della prostituzione o a chi "tiene famiglia" e non vuole correre il rischio di farsi ammazzare fratelli, figli, genitori. Ma torniamo all'Italia, possibile che le associazioni umanitarie non si rendano conto di favorire la criminalità? Cosa ne giadagnano? Beh il business è enorme, leggete qui:
    http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.huffingtonpost.it%2F2014%2F04%2F22%2Fimmigrazione-europa_n_5191540.html&h=wAQFpZh07

    Il fatto è che gran parte di quel danaro serve ad alimntare i carrozzoni delle associazioni, che bruciano gran parte del danaro per mantenersi e mantenere burocrati, trombati della politica a 8.000 euro/mese e albergo 4 stelle. E' un business milionario, ma non ve ne rallegrate, non pensate "beh sono fondi della UE", perché quei fondi sono pagati anche dalle nostre tasse. Immaginate cosa si potrebbe fare per lo sviluppo dell'occupazione o per la sanità con quel danaro. Ma anche cosa si potrebbe fare in quei paesi o, nel caso di VERI perseguitati politici, in paesi limitrofi.

    RispondiElimina
  2. Morale della favola, la mia conoscente dopo qualche tempo inizia ad inviare mail di protesta ai vertici dell'associazione umanitaria per cui lavora in Sicilia, denunciando situazioni allucinanti. La risposta è lapidaria, non deve rompere le scatole ma soprattutto si deve ricordare di aver firmato prima di partire in missione un patto di riservatezza, col quale si obbliga a non divulgare notizie riguardanti la propria missione e collaborazione con quella associazione. E non stiamo parlando di militari, ma di personale infermieristico.

    Quindi una bella coltre di omertà copre e lega chi specula sulla pelle dei migranti. Di fatto le operazioni tipo "Mare Nostrum" e le dichiarazioni scellerate di alcune nostre rappresentanti politiche costituiscono un favoreggiamento all'arrivo di nuovi carichi umani ed alla morte di migliaia di persone. Non dimentichiamoci che il maggior numero di morti non avviene in mare, ma via terra, negli estenuanti trasferimenti prima di approdare al porto di imbarco. Con donne stuprate dai criminali che organizzano questi viaggi, dalla polizia e dagli gli stessi compagni di ventura. Donne partite anche un anno prima di approdare in Italia ma che arrivano con in grembo un figlio, considerato una sorta di ulteriore referenza dopo gli annunci sullo "ius soli".

    RispondiElimina

scrivi la tua opinione...