Dopo la fine della Guerra Fredda il mondo era dominato da
un’unica superpotenza: gli Stati Uniti. Sull’onda dell’euforia, gli usa hanno
ambito per gran parte degli anni novanta ad imporre la loro egemonia su tutti i
continenti nel bene e nel male. Un primo stop a questa intenzione si ebbe in
occasione dell’intervento in Somalia che non andò come previsto lasciando il
paese nella situazione di caos in cui era stato trovato.
Le guerre in Iraq e Afghanistan ed i primi rapidi successi
sembravano poter rendere questo sogno realtà. Nel 2008 gli Stati uniti si
trovarono di fronte ad una dura realtà: l’emergere di nuove potenze e gli
elevati costi militari. Il rischio di un imperial overstretch (ovvero
l’espandersi oltre le capacità di poter mantenere i propri domini) era
concreto. Non solo, il mondo del 2008 era completamente diverso da quello del
1991. Non era più un mondo unipolare ma multipolare. Almeno una ventina di
potenze facevano capolino all’orizzonte sfidando così l’egemonia americana. Si
rendeva così necessaria una riconfigurazione della strategia americana.
Era anzitutto evidente che gli Usa dovevano puntare con
maggiore realismo ad essere una grande potenza e non una superpotenza.
Piuttosto che puntare al controllo diretto di un continente, meglio condividere
le responsabilità con un alleato fidato. Se in Europa la lunga alleanza con gli
inglesi non fu ma messa in discussione, in altri continenti gli americani
puntano a creare nuovi alleati fidati come Israele e la Turchia in Medioriente,
il Giappone l’Australia nel pacifico, la Colombia in Sud America, il Messico in
America Centrale, la Corea del sud e la Thailandia in Asia. Condividere le
responsabilità con gli alleati ha permesso agli americani di risparmiare sulle
spese militari.
Sul fronte del proprio continente gli americani hanno
rafforzato notevolmente le loro relazioni con il Canada e con il Messico. La
creazione ed il rafforzamento del NAFTA (1994) è tutt’ora in fase di
rafforzamento con maggiore successo però nei confronti del Canada.
Sembra invece evidente la strategia di allontanamento dal
Medioriente che si è fatta sempre più forte negli anni della presidenza Obama.
L’intervento diretto, opzione preferita dai governi Bush se e jr, è stata
rimpiazzata da una influenza indiretta nonché dal lasciar fare agli alleati
europei. Per esempio in Libia e Siria il grosso dello sforzo è stato compiuto
dai francesi e dagli inglesi con un intervento americano solo di supporto. La
nascita dell’Isis un tempo avrebbe sicuramente comportato un intervento
militare diretto. Oggi invece gli USA si limitano a dare supporto ai curdi.
E’ invece aumentato di molto l’influenza americana nel
Pacifico, segno che è qui che gli americani vogliono concentrare i loro sforzi.
L’azione più degna di nota è senz’altro la creazione del TPP un accordo
economico tra le nazioni che si affacciano sul pacifico. L’accordo, che al
momento prevede la partecipazione di 15 stati, è concepito in funzione
anticinese e nel caso di partecipazione del Giappone assicurerebbe agli USA una
posizione di forza nel pacifico.
Il disimpegno americano, oltre che in Medioriente e in
Africa, si è verificato anche in Europa dove il presidente Obama spererebbe in
un aumento dei poteri della UE. La procedura però risulta molto lenta nel
continente perché gli stati europei, bloccati nella loro integrazione, sembrano
ancora desiderare di stare sotto l’ombrello protettivo americano. La crisi ucraina
è un esempio lampante: il presidente Putin ha potuto giocare fino ad ora in
campo libero perché nessuno gli si è presentato davanti. Da un lato gli
americani non vogliono essere coinvolti in una scaramuccia che ritengono affare
degli europei, dall’altro gli europei continuano a tirare per la giacca il
presidente americano perché non se la sentono di affrontare i russi.
Se dal punto di vista militare, gli Usa sono disinteressati
all’Europa, sono invece più propensi ad accordi in ambito economico: è infatti
ormai di dominio pubblico l’esistenza del progetto del TTIP un accordo di
libero scambio tra Stati Uniti e stati europei che però non sta riscuotendo il
consenso dell’opinione pubblica perché si pensa possa recare serio danno
all’industria europea.
Nel caso in cui gli Stati Uniti riuscissero ad attuare con
successo sia il TTIP che il TPP si potrebbe dire con certezza che la potenza
egemone in occidente nel XXI secolo sarebbe senz’altro quella americana. E che
a questo punto la lotta per la supremazia si sposterebbe interamente sul Pacifico.
D.Deotto
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