venerdì 9 gennaio 2015

L'ATTENTATO A PARIGI E LO SPETTRO DELLA GUERRA ASIMMETRICA






Esattamente 13 anni dopo l’attentato alle torri gemelle, il terrorismo islamista sbarca anche in Europa e lo fa attaccando la capitale francese: Parigi.
Vittime dei terroristi la redazione di Charlie Hebdo periodico francese dallo spirito caustico e irriverente, la cui azione critica era rivolta in primis alla difesa delle libertà individuali.
Questo tragico evento fa suonare il campanello d’allarme in Europa riguardo una realtà che nel decennio passato aveva colpito prevalentemente gli Stati Uniti ovvero la guerra asimmetrica.
La guerra asimmetrica è un conflitto in cui le risorse dei belligeranti sono diverse sono diverse nell’essenza e nel modo di combattere. I contendenti tentano di sfruttare le debolezze tipiche del proprio avversario utilizzando tattiche non convenzionali. Spesso queste strategie sono utilizzate dal contendente nettamente più debole che cerca in questo modo di supplire alle proprie carenze. In ogni conflitto esiste una parte più debole ed una più forte ma nella guerra asimmetrica il più debole è enormemente più debole. Non ha nessuna speranza di vincere un nemico nettamente più forte dal punto di vista militare, economico e tecnologico. Deve quindi pensare a strategie diverse dalla battaglia campale in campo aperto. Anzi la vittoria è spesso un obiettivo non raggiungibile e quindi bisogna impostare obiettivi diversi.
Un esempio abbastanza chiaro di Guerre asimmetriche possono essere la guerra in Vietnam e la guerra in Algeria: in entrambi i casi i contendenti sapevano di non poter sconfiggere i meglio equipaggiati ed addestrati eserciti nemici così si dettero alla guerriglia armata. L’obiettivo non era più sconfiggere l’esercito nemico ma colpirlo nel suo punto debole che in questi casi era la capacità degli Stati Uniti e della Francia di sopportare elevate perdite umane. La guerra in Vietnam per esempio non ha fatto registrare nemmeno una vittoria militare in campo aperto da parte dei vietnamiti. Persino l’offensiva del Tet, l’operazione più di grande portata dell’esercito americano, si concluse con una vittoria americana. Il generale Giap, capo delle forze armate nordvietnamite, sapeva di non poter sconfiggere gli americani ma era consapevole che l’opinione pubblica americana era contraria alla guerra e non avrebbe tollerato a lungo le gravose perdite provocate dalla guerriglia dei vietcong. Era quindi sufficiente logorare il nemico ed attendere che se ne andasse per stanchezza e fu esattamente quello che successe.
Ma la guerra in Vietnam non è un avvenimento adatto per capire la realtà del terrorismo delle Twin Towers o dell’attentato a Charlie Hebdo perché conserva ancora troppe caratteristiche in comune con la guerra convenzionale. Nel caso del terrorismo islamista il conflitto non c’è ed il nemico è invisibile. Il nemico non colpisce le forze armate ma miete vittime civili in punti impensabili. Il suo obiettivo è spargere il terrore tra i civili. Ancora il terrorista non appartiene ad uno stato ma ad una organizzazione spesso non verticistica composta da cellule autonome. La difficoltà per la parte più forte sta nell’individuare il nemico e combatterlo efficacemente perché in questi casi la potenza delle forze armate non serve perché manca il bersaglio. Il terrorista colpisce e poi fugge spesso immolandosi nell’attentato stesso.
La guerra asimmetrica del terrorismo islamico elimina completamente l’idea del conflitto militare e si basa esclusivamente su atti di violenza nei confronti di simboli oppure della popolazione civile in generale. Il conflitto armato convenzionale non viene nemmeno ricercato.
Il terrorismo islamista non conosce barriere nazionali e uccide anche i propri connazionali o le persone della propria fede. Esso riprende gli aspetti più cupi e violenti delle ideologie del passato secolo e le applica alla religione. Quindi il nemico non è solo l’occidentale infedele ma anche il mussulmano che non vuole adeguarsi alla opinione di questi estremisti.
La lotta contro queste forme di terrorismo è sempre molto difficile e più che l’esercito serve utilizzare l’intelligence, la polizia e le squadre speciali. Questo perché il nemico è spesso “interno” non esterno.
Molti di questi attentatori non vengono reclutati in medioriente ma vivono già in occidenti spesso ci sono nati. L’integralista islamico conosce la società occidentale e sa quali sono i problemi sociali del paese bersaglio e li sfrutta a proprio vantaggio.
La lotta è quindi più psicologica che fisica e va spesso condotta sul proprio territorio nazionale.
In queste ore di grande angoscia per la Francia non possiamo che essere tutti quanti vicini al popolo francese ed alla vittime di Charlie Hebdo. Condannando senza pietà questi atti di violenza.
Questi tragici episodi però non devono però essere la scusa per lasciarsi andare a facili vendette sull’onda dello sdegno e tanto meno vanno strumentalizzate da forze politiche che ne vorrebbero approfittare per regredire la società in senso reazionario. Al contrario è proprio in questi episodi che occorre difendere fino all’estremo sacrificio i valori di libertà e democrazia tipici della civiltà europea ed occidentale. 

D.Deotto

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