Esattamente 13 anni dopo l’attentato alle torri gemelle, il
terrorismo islamista sbarca anche in Europa e lo fa attaccando la capitale
francese: Parigi.
Vittime dei terroristi la redazione di Charlie Hebdo
periodico francese dallo spirito caustico e irriverente, la cui azione critica
era rivolta in primis alla difesa delle libertà individuali.
Questo tragico evento fa suonare il campanello d’allarme in
Europa riguardo una realtà che nel decennio passato aveva colpito
prevalentemente gli Stati Uniti ovvero la guerra asimmetrica.
La guerra asimmetrica è un conflitto in cui le risorse dei
belligeranti sono diverse sono diverse nell’essenza e nel modo di combattere. I
contendenti tentano di sfruttare le debolezze tipiche del proprio avversario
utilizzando tattiche non convenzionali. Spesso queste strategie sono utilizzate
dal contendente nettamente più debole che cerca in questo modo di supplire alle
proprie carenze. In ogni conflitto esiste una parte più debole ed una più forte
ma nella guerra asimmetrica il più debole è enormemente più debole. Non ha
nessuna speranza di vincere un nemico nettamente più forte dal punto di vista
militare, economico e tecnologico. Deve quindi pensare a strategie diverse
dalla battaglia campale in campo aperto. Anzi la vittoria è spesso un obiettivo
non raggiungibile e quindi bisogna impostare obiettivi diversi.
Un esempio abbastanza chiaro di Guerre asimmetriche possono
essere la guerra in Vietnam e la guerra in Algeria: in entrambi i casi i
contendenti sapevano di non poter sconfiggere i meglio equipaggiati ed
addestrati eserciti nemici così si dettero alla guerriglia armata. L’obiettivo
non era più sconfiggere l’esercito nemico ma colpirlo nel suo punto debole che
in questi casi era la capacità degli Stati Uniti e della Francia di sopportare
elevate perdite umane. La guerra in Vietnam per esempio non ha fatto registrare
nemmeno una vittoria militare in campo aperto da parte dei vietnamiti. Persino
l’offensiva del Tet, l’operazione più di grande portata dell’esercito
americano, si concluse con una vittoria americana. Il generale Giap, capo delle
forze armate nordvietnamite, sapeva di non poter sconfiggere gli americani ma
era consapevole che l’opinione pubblica americana era contraria alla guerra e
non avrebbe tollerato a lungo le gravose perdite provocate dalla guerriglia dei
vietcong. Era quindi sufficiente logorare il nemico ed attendere che se ne
andasse per stanchezza e fu esattamente quello che successe.
Ma la guerra in Vietnam non è un avvenimento adatto per
capire la realtà del terrorismo delle Twin Towers o dell’attentato a Charlie
Hebdo perché conserva ancora troppe caratteristiche in comune con la guerra
convenzionale. Nel caso del terrorismo islamista il conflitto non c’è ed il
nemico è invisibile. Il nemico non colpisce le forze armate ma miete vittime
civili in punti impensabili. Il suo obiettivo è spargere il terrore tra i
civili. Ancora il terrorista non appartiene ad uno stato ma ad una
organizzazione spesso non verticistica composta da cellule autonome. La
difficoltà per la parte più forte sta nell’individuare il nemico e combatterlo
efficacemente perché in questi casi la potenza delle forze armate non serve
perché manca il bersaglio. Il terrorista colpisce e poi fugge spesso
immolandosi nell’attentato stesso.
La guerra asimmetrica del terrorismo islamico elimina
completamente l’idea del conflitto militare e si basa esclusivamente su atti di
violenza nei confronti di simboli oppure della popolazione civile in generale.
Il conflitto armato convenzionale non viene nemmeno ricercato.
Il terrorismo islamista non conosce barriere nazionali e
uccide anche i propri connazionali o le persone della propria fede. Esso
riprende gli aspetti più cupi e violenti delle ideologie del passato secolo e
le applica alla religione. Quindi il nemico non è solo l’occidentale infedele
ma anche il mussulmano che non vuole adeguarsi alla opinione di questi
estremisti.
La lotta contro queste forme di terrorismo è sempre molto
difficile e più che l’esercito serve utilizzare l’intelligence, la polizia e le
squadre speciali. Questo perché il nemico è spesso “interno” non esterno.
Molti di questi attentatori non vengono reclutati in
medioriente ma vivono già in occidenti spesso ci sono nati. L’integralista
islamico conosce la società occidentale e sa quali sono i problemi sociali del
paese bersaglio e li sfrutta a proprio vantaggio.
La lotta è quindi più psicologica che fisica e va spesso
condotta sul proprio territorio nazionale.
In queste ore di grande angoscia per la Francia non possiamo
che essere tutti quanti vicini al popolo francese ed alla vittime di Charlie
Hebdo. Condannando senza pietà questi atti di violenza.
Questi tragici episodi però non devono però essere la scusa
per lasciarsi andare a facili vendette sull’onda dello sdegno e tanto meno
vanno strumentalizzate da forze politiche che ne vorrebbero approfittare per
regredire la società in senso reazionario. Al contrario è proprio in questi
episodi che occorre difendere fino all’estremo sacrificio i valori di libertà e
democrazia tipici della civiltà europea ed occidentale.
D.Deotto
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