Il 2015 viene inaugurato all’insegna di una novità politica:
nella Grecia prostrata dalla crisi economica ha vinto le elezioni il partito
Syriza capitanato dal giovane leader Tzipras. E’ la prima volta dai tempi della
rivoluzione dei garofani che un partito di sinistra radicale riesce ad andare
al governo nel vecchio continente. Tzipras governerà a capo di una strana
coalizione rosso-nera. L’alleato di governo sarà infatti un partito
nazionalista che si è staccato dai conservatori non troppo tempo fa.
A prescindere dalle ideologie politiche, la Grecia ora si
trova di fronte ad un momento drammatico così come tutti i paesi del
mediterraneo ovvero il fallimento delle loro politiche economiche
tradizionalmente stataliste.
Ma cosa si intende per statalismo?
Chiariamo subito che la parola è stata diverse volte
utilizzata nella cultura politica italiana da personaggi di grande spessore
come Salvemini e Croce e sta ad indicare una fortissima tendenza dello stato a
invadere la sfera sociale ed economica in maniera soffocante se non addirittura
totalizzante.
Il semplice intervento dello stato in economia non è quindi
automaticamente indice di statalismo anzi è normale che nelle economie moderne
e sviluppate lo stato ricopra un ruolo importante in economia. Lo statalismo
quindi non si riferisce all’intervento dello stato in economia ma solo ad un
intervento di tipo soffocante. Lo statalismo è sempre presente nei regimi
totalitari di qualsiasi colore mentre nei regimi democratico può essere più o
meno presente a seconda dei casi. Quasi mai però si presenta con le stesse
caratteristiche presenti nei regimi totalitari.
Il confine tra un normale intervento dello stato e lo
statalismo è molto sfumato e spesso dipende dalla circostanze e dal momento
storico. Gli unici paesi a non essere mai stati statalisti nella loro storia
sono i paesi anglosassoni mentre Russia e Cina lo sono sempre stati.
Nel contesto europeo tutti gli stati hanno sempre previsto
un intervento sostanzioso dello stato nella sfera economica in particolare
nell’ambito del welfare. Per quanto riguarda l’industria la situazione è
diversa da stato a stato: se realtà come la Francia e la Germania hanno sempre
avuto un interventismo moderato, diverso è per i paesi del mediterraneo che
invece hanno sempre riconosciuto allo stato un ruolo importante spesso
degenerato in statalismo.
Il caso della Grecia è piuttosto emblematico: nazione che da
sempre ha faticato ad emergere in età industriale, ha sempre sofferto il
problema di un debole secondario e di un primario potenzialmente buono ma
limitato dai pochi spazi territoriali. La Grecia inoltre non è mai stato un
paese ricco e la scarsità di capitali ha impedito uno sviluppo industriale di
larga scala.
La mancanza di capitali ha costretto più volte lo stato ad
intervenire per fornirli con risultati il più delle volte negativi. Per esempio
già nel 1893 la Grecia si è trovata in una situazione molto simile a quella
odierna: la corruzione ed il fortissimo aumento della spesa pubblica voluti dal
premier Trikoupis per la costruzione delle grandi opere infrastrutturali
portarono all’insolvenza la debole economia greca. Il risultato fu
l’instaurazione di una autorità finanziaria internazionale che aveva come scopo
ripagare i debiti contratti dal paese. La Grecia non è mai più uscita da questa
spirale: nel 1912-1913 la Grecia rimase coinvolta nelle guerre balcaniche ed in
questo caso la forte spesa pubblica fu causata dalla necessità di armarsi. Tale
necessità rimase tale per un lungo periodo a causa della Grande Guerra e
successivamente della guerra greco-turca che impegnò il paese fino al 1923. La
fine dei conflitti non bastò per far mutare le politiche economiche greche: le
continue crisi di governo e l’instaurazione di un regime fascista accentò le
tendenze stataliste greche.
Dopo la seconda guerra mondiale, in corrispondenza con gli
aiuti erogati dal piano Marschall sembrava che la Grecia potesse cambiare
strada ma ciò non accadde se non per pochi anni: il deteriorarsi dei rapporti
con la Turchia a causa di Cipro e la dittatura dei colonnelli con le sue
dissennate politiche economiche trascinarono nuovamente la Grecia nella spirale
dello statalismo e del rischio di bancarotta.
Non vi fu sostanziale miglioramento finchè la Grecia non
entro a far parte della UE nel 1981 ma purtroppo la buona strada fu di nuovo
abbandonata agli inizi del nuovo millennio a causa della realizzazione della
grandi opere e della diffusa corruzione.
Da un lato è vero che la scarsità di capitali è purtroppo
una caratteristica comune nei paesi del mediterraneo ma a differenza di Spagna
ed Italia la Grecia non ha mai saputo gestire la propria spesa pubblica
sfociando sempre nello statalismo e nelle spese pazze.
Sarà interessante vedere come il nuovo premier greco gestirà
la faccenda della spesa pubblica in un paese in cui la virtuosità degli
amministratori di stato non è mai stata alta.
A prescindere dalle preferenze politiche la Grecia ha un oggettivo problema di gestione della spesa pubblica. Come affronterò questo problema il nuovo premier?
D.Deotto
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RispondiEliminaCosa c'entra il commento di Sophia. Vorrebbe per caso prestar soldi ai greci ?
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