mercoledì 7 gennaio 2015

IL PRESIDENTE NAPOLITANO SI CONGEDA: FINE DI UN MANDATO DISCUSSO





Con un messaggio di fine anno breve e coinciso il presidente della repubblica Giorgio Napolitano annuncia alla nazione che abbandonerà il proprio incarico. Non è stato un messaggio di fine anno scoppiettante: al contrario si è limitato a comunicare la fine del proprio mandato.
Forse nemmeno Napolitano avrebbe mai immaginato che il suo mandato sarebbe diventato uno dei più importanti e discussi della storia repubblicana.
Fu eletto per il suo primo mandato nel 2006 succedendo Ciampi. Quest’ultimo fu un presidente molto autorevole e stimato da tutti gli schieramenti politici. La figura di Napolitano sembrava di stazza inferiore ed i primi anni del suo mandato sembravano delineare una presidenza tranquilla fin quasi anonima.
Un primo segnale di cambiamento ci fu durante la rottura tra Fini e Berlusconi quando il ruolo di Napolitano fu abbastanza importante perché permise al cavaliere di trovare quella maggioranza che pareva fosse venuta a mancare. Il mandato di Napolitano tuttavia cambiò radicalmente nel 2011 quando in seguito alla crisi finanziaria che stava investendo il paese Berlusconi fu costretto a dimettersi. Napolitano qui giocò un ruolo fondamentale: verificato di non avere più la maggioranza in parlamento, Berlusconi fu invitato a dimettersi solo dopo aver approvato la legge di bilancio. Senza passare per le elezioni, Napolitano formò un esecutivo guidato da Mario Monti.
In quel momento l’Italia si trovava sotto un fortissimo attacco speculativo. Napolitano decise di non passare per le urne nominando un esecutivo tecnico che durò ben un anno. Fu una decisione importante: in una simile situazione in Spagna si decise di andare alla urne rimettendo agli elettori la scelta del nuovo governo. In Italia si preferì un esecutivo tecnico. La formazione di questo nuovo governo avvenne sotto la decisiva influenza del presidente della repubblica. Sua fu la decisione e la responsabilità di agire in questo modo.
Secondo momento decisivo fu la sua rielezione a presidente della Repubblica, caso unico nella storia della repubblica. Dopo che fu bruciata la candidatura di Prodi, il parlamento non riusciva più a trovare un candidato gli fu chiesto dalle forze politiche di continuare il suo mandato e così fu rieletto.
E’ difficile poter definire il mandato di Napolitano subito dopo la scadenza del suo mandato perché molte su decisioni passeranno alla storia e quindi molto dipenderà dagli eventi futuri. La sua presidenza ha avuto lati di luce e d’ombra. Vale la pena però soffermarsi su due importanti lezioni che possiamo trarre.
La prima riguarda la dilatazione dei ruoli del presidente della repubblica. Sebbene in Italia questo ruolo abbia sempre avuto una certa importanza mai nella storia repubblicana nessuno si era spinto così in là prendendo decisioni così importanti per il futuro del paese. Napolitano si è trovato in queste situazioni a causa della palese inadeguatezza della nostra legge elettorale e della nostra forma di governo.
La difficoltà nel poter trovare un maggioranza e l’estrema volatilità dei presidenti del consiglio è stata compensata dal Presidente della Repubblica che ha assunto un ruolo di primaria importanza.
Dopo questa presidenza dunque si pone in maniera forte la necessità di una riconfigurazione della nostra forma di governo: legge elettorale maggioritaria o proporzionale? Presidenzialismo o parlamentarismo?
Porsi queste domande in Italia non è solo obbligatorio ma pure prioritario perché lo stato non funziona più e senza il protagonismo dei singoli politici non si riesce ad andare avanti.
La parte più in ombra riguarda senz’altro il metodo con cui sono state prese decisioni molto importanti: esse confermano quello che è un difetto tipico del nostro paese ovvero che in Italia quando bisogna prendere decisioni importanti si tende ad aggirare gli organi rappresentativi. La scarsa fiducia nelle elezioni e nel parlamento è purtroppo un tratto tipico della nostra nazione. Napolitano nel 2011 decise che il governo Monti avrebbe fatto le riforme, quelle riforme, che avrebbero avuto un impatto decisivo sulla vita di milioni di italiani, sarebbero state varate da un governo non eletto. E’ una decisione singolare perché in un clima di emergenza simile in Spagna il re decise di sciogliere le camere e mandare tutti alle urne poiché si sapeva che qualsiasi governo avrebbe dovuto prendere decisioni molto difficili ed era quindi necessario fosse legittimato dal voto.
La decisione di Napolitano ricorda molto una decisione presa giusto un secolo fa da Vittorio Emanuele III: nel 1915 il re decise senza consultare il parlamento di entrare in guerra a fianco dell’intesa trascinando l’Italia in una guerra lunga e sanguinosa. Allora Vittorio Emanuele agì così perché sapeva che il parlamento era in mano a Giolitti, convinto neutralista, e che mai avrebbe ottenuto l’autorizzazione. Il re quindi preferì non consultare il parlamento per prendere una decisione di importanza storica. Non fu l’unico esempio nella storia d’Italia: diverse volte nei decenni a venire si preferì agire in questo modo bypassando gli organi di rappresentanza.
La decisione che Napolitano prese nel 2011 ricalca senza dubbio, nel bene e nel male, questo filone. Segno che in Italia esiste una mentalità diffusa di estrema sfiducia nei confronti delle assemblee legislative e delle consultazioni popolari. Da questo punto di vista Napolitano non può essere considerato un innovatore perché la sua condotta ha perfettamente seguito questa mentalità che, da quando fu inaugurata nel 1915, si è ripetuta quasi sempre nei momenti più importanti della storia del nostro paese.
Il mio augurio è che nel futuro prossimo le cose possano cambiare e che anche in Italia finalmente si possa giungere ad una modalità decisionale maggiormente condivisa. 

D.Deotto

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