mercoledì 16 aprile 2014

I FLUSSI MIGRATORI: ANTICO PROBLEMA MAI RISOLTO





Negli scorsi giorni ci sono stati nuovi sbarchi sulle coste meridionali dell’Italia da parte di una nuova ondata di immigrati provenienti dall’Africa.
Come al solito l’Italia ha dovuto affrontare da sola il problema prendendosi la briga di accogliere, curare ed identificare (quando possibile) i profughi tutto a spese del contribuente italiano.
Ogni volta che si presenta questo problema si riaccendono infinite polemiche dove ognuno prende le proprie posizioni. In realtà i problemi intorno al fenomeno migratorio sono di due tipi: la mancanza di una legge nazionale capace di trattare il fenomeno in maniera organica ed alcune sbagliate concezioni del fenomeno a livello internazionale.
Per quanto riguarda il primo punto va ricordato che l’Italia non è tradizionalmente un paese meta di immigrazione ma al contrario un paese di emigranti.
Noi infatti abbiamo moltissime leggi che regolano l’emigrazione ma abbiamo molte meno leggi sul tema immigrazione.
Fino all’inizio degli anni 90 l’Italia è stata meta di una immigrazione sporadica composta prevalentemente da “emigrati di ritorno” cioè colore che erano emigrati (oppure i figli di questi) negli anni 50 e 60 ed ora desideravano rientrare in patria.
La prima vera ondata migratoria verso l’Italia è avvenuta all’inizio degli anni 90 dopo la caduta del muro di Berlino quando gli albanesi sbarcarono in massa sulle nostre coste meridionali.
Si trattava di una massa disordinata di persone povere tra i quali vi erano anche persone con precedenti penali. L’Italia arriva impreparata a questo appuntamento perché non si era mai visto nulla di simile.
L’emergenza fu affrontata con la Legge Martelli del 1990 che cercava di porre una prima regolamentazione per un fenomeno nuovo per il nostro paese.
La legge Martelli era tuttavia figlia di uno stato di emergenza e non conteneva una disciplina organica del fenomeno immigrazione. Essa infatti non trattava nulla riguardo la regolazione dei flussi migratori sul lungo periodo e tantomeno si occupava di argomenti quali le politiche di integrazione.
I deficit della Legge Martelli rese necessario otto anni più tardi varare una nuova legge denominata Turco-Napolitano. Questa nuova legge si colloca sul solco della precedente.
Essa favoriva l’immigrazione regolare scoraggiando quella clandestina. In linea molto generica era previsto un percorso a step per l’integrazione dell’immigrato regolare mentre i clandestini venivano espulsi oppure messi nei Centri di Permanenza Temporanea.
La legge Turco-Napolitano si è rivelata inadatta a gestire i flussi migratori nel mutato contesto della globalizzazione e del mercato del lavoro italiano aprendo così una nuova stagione di polemiche che poterà alla legge Bossi-Fini. Quest’ultima risulterà essere più restrittiva in ambito di espulsioni legando il permesso di soggiorno ad un lavoro effettivo.
Vengono inasprite le pene contro i trafficanti di esseri umani e è previsto l’uso della marina militare per contrastare il traffico di clandestini.
La legge Bossi-Fini è ancora in vigore ma le polemiche circa la gestione ed integrazione degli immigrati in Italia. Nonostante tutto è corretto affermare che nel nostro paese manca una intelligente gestione dei flussi migratori ed una seria politica di integrazione.
La discussione sull’immigrazione spesso si riduce a spot come quello tra ius soli/ius sanguinis senza toccare minimamente quelli che sono i problemi reali sia degli immigrati che della società che dovrà ospitarli.
Questa errata interpretazione del fenomeno immigrazione deriva da un errato atteggiamento a livello internazionale nei confronti di questo tema. Soprattutto in Europa il tema viene spesso banalizzato e reso una sorta di spot sul modello di sviluppo occidentale oppure una vetrina utilizzata dai singoli paesi per mettersi in mostra e farsi vedere fedeli ai principi del politicamente corretto.
Per molti paesi attrarre immigrati è stato infatti un modo per comunicare al mondo intero l’appetibilità del proprio modello sociale di riferimento.
In realtà la questione immigrazione è più complessa e va ricondotta a variabili di tipo economico non culturale.
Il motivo principale che da sempre stimola le ondate migratorie è lo spostamento dai paesi più poveri dove il carico di lavoro è basso a quelli più ricchi dove il carico di lavoro è superiore e non interamente copribile con popolazione residente. Dunque le variabili che stanno dietro ai flussi migratori sono di tipo economico e coinvolgono direttamente il mercato del lavoro.
Le leggi sull’immigrazione dovrebbero essere più attente su queste dinamiche per esempio avvantaggiando l’entrata di manodopera qualificata di difficile reperibilità sul proprio territorio nazionale oppure cercando di stimolare l’arrivo di immigrati culturalmente più simili alla propria società rispetto a quelli con valori e stili di vita troppo diversi.
Una serie legge sull’immigrazione dovrebbe occuparsi anche dell’integrazione dei nuovi arrivati: il fine ultimo è tenere in considerazione il fatto che i nuovi arrivati dovranno rispettare i valori e lo stile di vita del paese che li sta ospitando e che i loro figli saranno destinati ad integrarsi nella società ospite e dovranno poter scegliere liberamente di farlo.
Una selezione all’entrata sembra ancora più necessaria in un momento di crisi occupazionale dove persone poco specializzate o in numero troppo abbondante rischiano di finire a mendicare.
Purtroppo questo tipo di considerazioni non vengono fatte a livello nazionale e nemmeno a Bruxelles: la conseguenza è che il tema dell’immigrazione continua a rimanere un argomento non risolto e la gestione dei flussi migratori rimane poco coordinata a livello comunitaria e malgestita a livello nazionale. 

D.Deotto

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