Queste elezioni europee hanno ridisegnato completamente la rappresentanza all’interno del parlamento: primo partito con il 28,3% è il Partito Popolare Europeo, secondo il Partito Socialista Europeo con il 25,1%, i liberali con 8,5%, Verdi a 6,9%, i conservatori con 5,8%, il gruppo della sinistra a 5,7%, infine un folto gruppo di partiti euroscettici o non iscritti ad alcuna lista aventi però una consistenza di circa 150 seggi.
Si tratta del Front National di Marine Le Pen, l’Ukip di
Nigel Farrage, il M5S di Beppe Grillo, AL Lega Nord, il FPO austriaco, il PVV
olandese ed Alba Dorata.
Analizzando il voto possiamo dire che il PPE rimane il primo
partito europeo pur vedendo ridimensionato il proprio consenso rispetto al
precedente turno elettorale. Il PPE sarà inoltre attraversato da forte tensioni
dovute ai diversi interessi nazionali dei partiti di cui è composto. Sembra
infatti molto difficile che movimenti come la CDU della cancelliera Merkel
possano andare D’accordo con Forza Italia oppure con la UMP francese. C’è il
grosso rischio che all’interno del raggruppamento si crei una frattura tra
deputati del nord, favorevoli all’austerity e deputati del sud Europa
fortemente contrari ad essa. E’ molto probabile che il candidato alla
commissione europea sarà scelto tra le fila di questo partito ma sicuramente
non si tratterà di Junker candidato inviso a molti partiti.
L’arretramento dei popolare tuttavia non corrisponde ad una
avanzata dei socialisti che si limitano a mantenere gli stessi consensi della
scorsa tornata elettorale. La causa di questo risultato è la crisi dei partiti
di centro sinistra che si è verificata in quasi tutti i paesi europei esclusa
l’Italia. In quasi nessun paese essi riescono a superare la soglia del 30% e
sono molto spesso superati dai partiti di ultra destra: clamorosi gli esempi
della Francia e del Regno Unito.
Questo risultato dovrebbe far riflettere il PSE perché ci
troviamo davanti ad una crisi del socialismo. Effettivamente già da qualche
l’anno l’offerta politica socialista così come conosciuta risulta essere poco
convincente sul piano elettorale. Il socialismo europeo è fortemente ancorato a
valori sviluppati negli anni settanta, che oggi sembrano molto distanti dalla
vita delle persone.
Basti solo pensare che la formazione più numerosa all’interno del PSE sarà il Partito Democratico di Matteo Renzi ovvero la formazione politica che più di ogni altra ha deciso di svoltare verso il centro, tentando di porsi come nuovo punto di riferimento per l’elettorato moderato.
Basti solo pensare che la formazione più numerosa all’interno del PSE sarà il Partito Democratico di Matteo Renzi ovvero la formazione politica che più di ogni altra ha deciso di svoltare verso il centro, tentando di porsi come nuovo punto di riferimento per l’elettorato moderato.
Male anche i liberali che, agganciandosi all’idea al momento
utopica degli Stati Uniti d’Europa, finiscono per perdere molti consensi
persino nei paesi dove la loro presenza è tradizionalmente forte.
I veri vincitori di questa tornata elettorale sono i partiti
euroscettici di ogni estrazione: si è infatti verificato un leggero aumento
della sinistra radicale capitanata del greco Tsipras, ed una enorme crescita
della destra radicale guidata dall'Ukip inglese e dal Front National francese.
Non è ancora chiaro come tutti questi movimenti euroscettici
decideranno di coordinarsi ma all’orizzonte sembrano profilarsi due gruppi
divisi con a capo Nigel Farage da una parte e la Le Pen dall’altra.
La cause che hanno portato all’emergere di questi movimenti
sono da riscontrarsi nel cattivo funzionamento dell’Unione Europea. In
particolare le fallimentari politiche economiche e l’incapacità di gestire il
fenomeno dell’immigrazione, interna ed esterna all’Unione, sono da considerarsi
le cause scatenanti principali.
L’Europa è ormai al centro di una crisi occupazionale che
dura ormai da sette anni ed i cui effetti non accennano ad attenuarsi. Le
politiche di rigida austerity fino ad ora sponsorizzate soprattutto della
cancelliera Merkel si sono dimostrate incapace di porre rimedi significativi.
L’incapacità dell’Unione nel cambiare politiche economiche è sicuramente uno
dei principali motivi della crescita dei movimenti euroscettici.
Non va sottovalutato nemmeno il problema dell’immigrazione
che richiede sempre di più una gestione comunitaria che non c’è. Paesi quali
l’Italia sono martoriati dai continui sbarchi di immigrati in fuga dal
nord-africa senza possibilità di poterli contrastare efficacemente.
Il problema dell’immigrazione è anche interno: il veloce e
disordinato espansionismo della UE ha portato ad un rapido abbattimento delle
frontiere e ad una progressiva liberalizzazione del commercio senza però una
estensione dei diritti sociali. Ne consegue uno squilibrio ancora evidente tra
Europa occidentale ed orientale che porta con se maggiori disuguaglianze e
distorsioni economiche.
Questa nuova legislatura europea dunque inizia all’insegna
dell’incertezza e dell’emergere delle forze euroscettiche, le quale si può star
certi faranno di tutto per mettersi in evidenza in parlamento.
Una cosa è certa: siamo arrivanti ad un punto in cui
l’Europa non può più far finta di non vedere i problemi che la colpiscono. Pena
il naufragio dell’intero progetto europeo.
Con questa avanzata delle formazioni euroscettiche, infatti,
chi oggi volesse rilanciare il progetto di integrazione europea dovrà
necessariamente inventarsi un nuovo europeismo non più basato sulla burocrazia
e calato dall’alto ma che viene dal basso e tiene in giusta considerazione le
esigenze dei popoli.
D.Deotto