venerdì 9 maggio 2014

UN INEDITO CONFLITTO: CONFEDERATION OF BRITISH INDUSTRY CONTRO CAMERON


L’attuale crisi economica sta scardinando definitivamente gli schieramenti e le convinzioni ideologiche consolidate in occidente.
Nella mentalità tradizionale si tende spesso a considerare i partiti conservatori e liberali come più vicini alle posizioni della classe media ed alta, con un particolare occhio di riguardo nei confronti degli imprenditori. Al contrario i partiti laburisti e socialdemocratici raccolgono consensi tra i ceti bassi, medio-bassi e gli intellettuali.
Con la caduta del muro di Berlino questa visione della politica è andata via via incrinandosi fino ad arrivare ad uno scollamento completo durante l’attuale crisi economica.
Un caso sicuramente degno di nota in quest’ottica è il conflitto che vede contrapposti il leader della CBI (confidustria inglese) Sir Roger Carr ed il primo ministro David Cameron.
Ciò che divide i due rappresentanti è la questione dell’intervento pubblico dello stato in economia e la permanenza inglese nella UE.
I sempre maggiori consensi dell’UKIP e lo svantaggio di cinque punti percentuali nei confronti dei laburisti hanno costretto il premier britannico a fare un’apertura a destra nella speranza di raccogliere qualche consenso. E’ così che Cameron ha promesso un referendum sulla permanenza inglese nella UE oltre che una politica di rigidi tagli alla spesa pubblica.
Entrambe le opzioni non piacciono per niente al leader della CBI che già da qualche anno si è opposto al governo costringendolo a cambiare rotta.
Secondo Sir Roger infatti l’attuale crisi economica esclude la possibilità di ulteriori tagli alla spesa pubblica che rischierebbero solo di deprimere ancora di più l’economia.
Il capo della confindustria continua sostenendo che la politica monetaria espansiva ha permesso alla Gran Bretagna di fronteggiare meglio la crisi ma la piccola ripresa in atto va sostenuta con sostanziosi interventi pubblici.
Non è la prima volta che Sir Roger sostiene queste posizioni: nel 2011/2012 egli si scontro a muso duro con il ministro dell’economia George Osborne. Quest’ultimo sosteneva che la crisi sarebbe stata superata autonomamente dai mercati senza bisogno di un intervento del governo se non con qualche legge sulla concorrenza. Sir Roger allora si scaglio contro il ministro sostenendo che era una follia pensare che i privati sarebbero riusciti a fronteggiare la crisi da soli. L’opposizione della confidustria fu talmente forte da costringere il governo ad adottare politiche economiche di tipo interventista.
La posizione della CBI fu molto chiara: le politiche liberiste non erano adatta alla congiuntura economica ed andavano abbandonate per evitare una recessione e pesanti disordini sociali.
Effettivamente la Gran Bretagna è riuscita a riprendersi grazie proprio alle politiche suggerite dalla CBI tanto da far esclamare i laburisti che la ripresa è avvenuta “nonostante” i conservatori.
Oggi il duello tra Sir Roger e Cameron si ripete in occasione della promessa elettorale di indire un referendum sulla partecipazione della Gran Bretagna alla UE.
Il leader della CBI si è espresso in termini negativi nei confronti delle aperture del primo ministro nei confronti dell’UKIP. Secondo Sir Roger, infatti, l’adesione della sua nazione ai trattati europei costituisce un innegabile vantaggio per l’industria inglese che altrimenti rischierebbe di essere isolata e priva delle importanti risorse umane e materiali provenienti dal continente europeo.
L’Europa è infatti una importante fonte di posti di lavoro per la Gran Bretagna in termini di commercio estero ma pure di inglesi che lavorano nei paesi europei e che, in caso di ritiro, si ritroverebbero senza lavoro o comunque trattati da extracomunitari.
La minaccia di uscire dall’Europa unita all’affermarsi di tendenze xenofobe nel paese fungerebbero da deterrente nei confronti di potenziali stranieri altamente qualificati che intendono trasferirsi in Gran Bretagna.
Dunque la CBI sembra bocciare nettamente l’apertura del primo ministro nei confronti dell’UKIP confermando l’esistenza di una certa tensione tra il governo conservatore e gli industriali.
Questo episodio rappresenta in maniera chiara come nella realtà odierna le contrapposizioni ideologiche del XX secolo siano ormai superate. Oggi la mobilitazione politica gira intorno a singoli eventi o programmi elettorali e molto spesso viene premiato l’atteggiamento di chi con pragmatismo vuole risolvere dei problemi concreti piuttosto che chi si fossilizza in sterili dibattiti ideologici.  
Nel caso sopra citato i conservatori inglesi si erano irrigiditi su una politica economica di tipo liberista tipica delle destre anglosassoni ma in questo frangente sgradita alla CBI dove tradizionalmente i conservatori inglesi avevano un tempo largo consenso. La conseguenza di ciò è stato il necessario cambio di passo in barba a tutti i proclami ed a tutte le ideologie. 

D.Deotto

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