Una delle particolarità del nostro paese è il frequente ricambio delle leggi elettorali segno di una politica incapace di mettersi d’accordo sulle regole del gioco.
Regno Unito e Stati Uniti, per esempio, non hanno mai
cambiato legge elettorale nel corso della storia e tutt’ora utilizzano un
sistema in vigore da più di due secoli.
La Germania si è data un nuovo volto dopo la seconda guerra
mondiale approvando una costituzione ed una legge elettorale tutt’ora
rimasta immutata.
La Francia, dopo il difficile periodo della Quarta Repubblica,
ha adottato il semi-presidenzialismo arrivato fino ai nostri giorni con modifiche minime.
In Italia invece abbiamo cambiato la legge elettorale
quattro volte in sessant’anni e nessuna delle leggi approvate è mai riuscita a
dare stabilità al sistema politico.
Nel nostro paese una classe politica divisa e litigiosa
unita alla presenza di fortissime minoranze politiche ha sempre reso aspra la
discussione sulle regole del gioco, portando sempre a soluzioni di compromesso
molto pasticciate.
Sembra impossibile in Italia riuscire a varare una
legge elettorale semplice, funzionante, chiara e definitiva. Al contrario si
finisce sempre per elaborare assurdi bizantinismi e soluzioni di compromesso in
cui nemmeno i legislatori stessi dimostrano di credere. Risultano così leggi
opache, complicate, non definitive e fatte male.
La legge elettorale della Prima Repubblica era un
proporzionale puro con bicameralismo perfetto: si trattava di un modello che
già allora ricevette critiche dai politologi e che garantì sempre all’Italia
cronici problemi di governabilità ed una lentezza decisionale più unica che
rara.
Il Mattarellum nacque in un periodo storico in cui erano
forti le richieste per l’adozione di un sistema maggioritario: ne uscì un
compromesso pasticciato simbolo di un paese che voleva passare al maggioritario
ma “non troppo”.
Il Porcellum è stato addirittura un passo indietro
consegnando al paese un parlamento eletto con due leggi elettorali distinte
alla camera ed al senato.
Sembra che per l’Italia sia proprio impossibile approvare
una legge elettorale semplice e funzionante: eppure basterebbe veramente poco.
Esistono infatti diverse leggi elettorali che hanno dato
prova di estrema affidabilità e che potrebbero essere applicate anche in Italia
senza troppi problemi.
Le due leggi elettorali che fino ad ora hanno dato le
migliori performace istituzionali sono state indiscutibilmente la legge elettorale
tedesca e quella francese.
In Germania vige un sistema proporzionale corretto dal voto
personalizzato e dalla soglia di sbarramento. Il parlamento è bicamerale ma
solo una delle due camere viene eletta.
Si vota con un sistema proporzionale su
scala nazionale ma ci sono due importanti varianti.
La prima consiste nella
presenza di un importante elemento maggioritario.
L’elettore infatti deve
compiere una doppia scelta: con il primo voto si sceglie il candidato nei
collegi uninominali (parte maggioritaria) mentre con il secondo voto si vota il
partito politico (parte proporzionale). Ne consegue che una parte dei deputati
sono eletti direttamente tramite i collegi uninominali mentre un’altra
parte proviene da listini bloccati decisi dai partiti.
Il secondo importante elemento è una soglia di sbarramento
al 5% per impedire l’ingresso in parlamento di partiti troppo piccoli. Se però
uno di questi partiti riesce ad eleggere almeno tre deputati nei collegi
uninominali, ha diritto ad entrare in parlamento.
Vince le elezioni il partito o la coalizione che ha la
maggioranza assoluta dei seggi.
Normalmente in Germania è molto difficile che
un partito arrivi ad ottenere tale risultato e spesso quindi si finisce per
fare una coalizione. Quello che storicamente è successo in Germania è la
presenza di due grossi partiti (CDU e SPD) affiancati da due partiti più
piccoli (FDP e Verdi) che spesso fanno da ago della bilancia.
In Francia invece vige un sistema completamente diverso che
prevede l’elezione diretta del capo dello stato tramite un sistema uninominale
con doppio turno. Il parlamento viene eletto sempre con lo stesso metodo ma in
una data differente (voto sfasato). E’ quindi possibile che si presenti una situazione in cui il presidente appartiene ad un
partito mentre la maggioranza parlamentare sia di colore opposto. In tal caso
si parla di coabitazione.
Il presidente francese è dotato di molti poteri tra cui
quello di nominare il presidente del consiglio (con cui condivide il potere
esecutivo) e di sciogliere le camere.
Deve tuttavia scendere a compromessi se
la maggioranza parlamentare è di segno opposto.
In tal caso sarà il parlamento
a nominare un presidente del consiglio con cui il presidente dovrà gioco-forza
collaborare. In questi casi è interesse di entrambe le figure far rimanere
governabile il paese perché l’elettore francese ha sempre premiato chi dei due
si è dimostrato più capace di trovare un compromesso di governo.
Ci sarebbe anche una terza opzione riscontrabile dalla
osservazione empirica degli enti territoriali italiani: la legge elettorale dei
comuni. Essa prevede l’elezione diretta del sindaco da parte dei cittadini. Chi
ottiene il 50+1% dei voti vince le elezioni. In caso nessuno raggiunga questa
soglia è previsto il secondo turno. E’ possibile esprimere il voto di
preferenza per un candidato.
A questo punto sorge spontanea una domanda: perché
continuare ad inventarsi leggi elettorali con le formule più improbabili quando
basterebbe copiare uno dei modelli già esistenti che hanno dimostrato di
funzionare?
Nonostante la risposta sia abbastanza scontata a rigor di
logica ancora nessuno a ha tratto le debite conclusioni ed in Italia ancora oggi
si continuano ad ideare soluzioni assurde, che come già
successo saranno destinate a fallire in un futuro prossimo.
D.Deotto
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