Le elezioni europee del 25 Maggio hanno consacrato come vincitore assoluto Matteo Renzi.
La vittoria del politico fiorentino era stata ampiamente
annunciata dai media ma nessuno avrebbe mai immaginato che sarebbe stata di
queste proporzioni. Tutti si aspettavano un testa a testa con il M5S ma ciò non
è avvenuto. Il PD è riuscito a doppiare il proprio avversario ed a garantirsi
un ampio appoggio popolare.
La vittoria di Renzi è stata netta soprattutto al nord, lo
stesso nord che nel 2013 aveva bocciato alle elezioni nazionali il Pd guidato
da Pier Luigi Bersani e la vecchia classe dirigente PCI-PDS.
Dopo la vittoria alle primarie Renzi ha dato una svolta
centrista al partito che aveva attirato su di lui molte critiche sia in Italia
che all’estero. Altrettanto criticata la sua decisione di fare le riforme
istituzionali assieme al centrodestra tanto che i suoi detrattori speravano in
queste europee per disarcionarlo.
Gli elettori italiani invece hanno deciso di accordare un’ampia
fiducia al premier che ora si vede legittimato da un voto popolare molto ampio.
Nella sua storia il centro-sinistra non aveva mai vinto con il 40% dei
consensi: si tratta di numeri che evocano le vittorie della SPD tedesca dopo
Bad Godesberg.
Il risultato è ancora più straordinario se inserito in un
contesto europeo in cui molti partiti di centrosinistra hanno subito una
pesante sconfitta. La linea moderata di Renzi è risultata vincente in Italia
portando il PD a distinguersi dalle controparti europee e ad affermarsi in
maniera decisa.
Il grande sconfitto di questa tornata elettorale è il M5S,
partito che molti davano per vincitore dopo i recenti scandali all’expo di
Milano. Il movimento di Grillo ha perso circa 3 milioni di elettori ed è stato
addirittura doppiato dal PD. Grillo paga una linea troppo intransigente ed una
gestione del movimento troppo verticistica. Il suo definirsi “oltre Hitler” ed
il suo rifiuto di collaborare con qualsiasi forza politica ha generato lo
stesso effetto che l’intransigenza del PCI aveva provocato alle elezioni del
1948 e del 1976.
La partita di queste elezioni infatti non è stata tanto
quella della rabbia contro la speranza quanto rabbia contro paura. La rabbia
verso un paese che non funzione e che si vorrebbe distruggere a confronto con
la paura di peggiorare ulteriormente la situazione. L’esito è stato che gli
elettori, spaventati dall’intransigenza di Grillo, hanno preferito dare fiducia
al cambiamento moderato di Renzi rispetto ai propositi rivoluzionari dei M5S.
Sembra invece piuttosto grave tra i pentastellati l’incapacità di ammettere la
sconfitta ed i propri errori: il movimento pare rifugiarsi in uno sterile “gli
elettori non hanno capito” che ricorda molto le sconfitte della vecchia
sinistra a trazione PCI-PDS.
Una grande batosta è arrivata anche al centrodestra italiano
diviso ed incapace di risultare una alternativa credibile al PD di Renzi.
Nessun sondaggio dava per vincente il centrodestra ma il risultato è stato al
di sotto delle peggiori aspettative. Forza Italia ne esce con un modesto 15%
(il risultato più basso di sempre) mentre NCD supera a stento la soglia di
sbarramento. Fratelli d’Italia chiude con un anonimo 3,5% e nessun seggio in
parlamento. Il centrodestra italiano, diviso, privo di una leadership
credibile, privo di idee nuove e completamente incapace di iniziare un ricambio
generazionale è stato punito dagli elettori.
Va evidenziato in particolare come il centrodestra sia stato
abbandonato dal nord-italia da quelle regioni che nel 2008 decretarono la sua
grande affermazione. Oggi pare che l’asse produttivo del lombardo-veneto non
consideri più l’attuale centrodestra come una alternativa credibile.
Se il centrodestra italiano vorrà ancora proporsi come una
valida alternativa al PD dovrà per forza di cose cambiare leadership e
diventare una moderna destra liberale e moderata altrimenti sarà destinato a
diventare un movimento marginale in difficoltà a superare persino il risultato
del M5S.
Nel disastro dei partiti della ex coalizione del
centrodestra riesce a tenere il botto soltanto la Lega Nord di Matteo Salvini
che, seppure lontana dai momenti d’oro, riesce a portare a casa un 6-7% che sa
molto di rivincita dopo i risultati disastrosi della precedente tornata
elettorale. Si può non condividere le idee del nuovo segretario ma va
oggettivamente riconosciuto al carroccio di aver cambiato facce ed idee.
Alle europee il partito si è infatti presentato con gli
emergenti Matteo Salvini e Flavio Tosi, i quali forti del proprio consenso a
livello locale, hanno evitato il disastro. LN è tuttavia destinata a rimanere
un partito di nicchia e sembra davvero molto difficile che un centrodestra
credibile anche per i moderati possa essere rappresentato da un movimento che è
alleato di Marie Le Pen.
In definitiva queste elezioni ci insegnano una cosa: chi in
questo momento ha la voglia e la capacità di cambiare persone e leadership può
vincere mentre chi continua a presentare sempre le stesse persone non risulta
attraente. Nel PD a trazione Renzi il ricambio generazionale è evidente e ne è
testimone la valanga di preferenze prese da candidati nuovi come Alessandra
Moretti. Nel suo piccolo la Lega Nord mettendo in campo Tosi e Salvini è
riuscita ad evitare il disastro. Chi invece come FI e NCD non hanno saputo fare
la stessa cosa sono state notevolmente ridimensionate.
Questo risultato elettorale darà forza al PD per proseguire
le riforme mentre il centrodestra sarà costretto ad una profonda riflessione se
vorrà ancora essere un’alternativa credibile.
D.Deotto
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