Nel primo bimestre del 2014 sono aumentati i posti di lavoro
persi nella provincia di Udine.
Questo dato è stato pubblicato dal Messaggero Veneto e confermato dal
presidente della provincia Fontanini.
Nello specifico il numero delle assunzioni è stato del -12%
rispetto allo stesso periodo nel 2011 mentre il numero dei posti di lavoro
persi è aumentato del 4,5%.
La differenza tra assunzioni e cessazioni è ancora positiva
ma molto peggiore rispetto allo scorso anno poiché c’è stato un peggioramento
del 11,2%.
Fontanini insiste sulla necessità di maggiori investimenti
pubblici in economia ed effettivamente i vincoli stringenti imposti dal patto
di stabilità agli enti locali sono un notevole ostacolo alla ripresa economica.
Sicuramente forti investimenti degli enti locali in
campo economico avrebbero effetti positivi su una economia in continuo
peggioramento com’è quella friulana ma siamo convinti che questo basti?
L’economia friulana ha solo bisogno di qualche finanziamento
pubblico?
La crisi economica ha certamente sollevato dubbi riguardo
politiche economiche troppo liberiste ma ha anche mandato in soffitta un certo
modo di fare economia che, purtroppo, nella nostra provincia è ancora molto
diffuso.
Il boom economico del Friuli è avvenuto negli anni ottanta in un
momento in cui esisteva un mercato di concorrenza perfetta dove piccoli
incrementi di produttività potevano generare guadagni enormi.
In un contesto
del genere bastava soltanto investire in innovazione della produzione per rimanere
sul mercato.
E’ in un contesto di questo genere che è notevolmente
cresciuto, per esempio, il distretto della sedia di Manzano e le moltissime
altre attività artigianali ed industriali presenti in regione.
Nel corso dell’attuale crisi economica molte aziende
friulane si difendono e si sono difese aumentando la produzione ma questa
scelta si è rivelata sbagliata e controproducente.
Aumentando, infatti, la
produttività in mercati saturi e con poca liquidità si finisce solo per
riempire i magazzini senza risolvere nulla.
Questo tipo di strategia è il risultato di una sbagliata
interpretazione della crisi economica: il contesto economico attuale non è più
quello degli anni ottanta e mancano le condizioni di concorrenza perfetta che invece
allora esistevano. In un contesto dove non esistono regole comuni in tutto il mondo ciò che premia non
sono gli investimenti in produzione ma quelli in innovazione.
In parole povere
ciò che conta nel mondo di oggi è saper proporre un prodotto innovativo ed
andarlo a vendere ovunque abbia mercato.
Questo significa che un’impresa vincente oggi deve creare un
prodotto nuovo ed essere disposta a venderlo non solo nel mercato locale ma
anche a livello internazionale individuando su scala globale il luogo più
adatto.
La conseguenza sul piano dell’occupazione è la necessità di
assumere impiegati commerciali esteri e designer in gran quantità che si
andranno ad aggiungere al necessario personale già presente in ambito di
produzione ed amministrazione.
Questa nuova situazione è senz’altro occasione buona per dare
maggiore importanza alle arti creative, crudelmente sacrificate dalle logiche
della produzione di massa.
La provincia udinese ha tutti i mezzi per poter riprendersi
dalla crisi ed addirittura puntare ad un futuro florido e molto di ciò è dovuto
alla sua particolare posizione al centro dell’Europa ma occorre essere
disposti ad abbandonare un vecchio tipo di mentalità legata a strategie
economiche che sono state indubbiamente vincenti negli anni ’80 ma che oggi non
sono più adatta al nuovo contesto economico.
Questo cambio di mentalità sarebbe sicura fonte di
opportunità lavorative ad alta qualificazione ma è anche chiaro che la
conseguente ripresa economica avvantaggerebbe tutti i lavoratori e farebbe
calare drasticamente la disoccupazione.
Per far questo però occorre una combinazione vincente tra
investimenti pubblici ed innovazione di prodotto. Questo significa che le
istituzioni dovranno curarsi di non sprecare il denaro pubblico ma di saperlo
indirizzare nella maniera corretta.
D.Deotto
D.Deotto
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