Faceva parte dei Famigerati PIIGS eppure oggi l’Irlanda è
l’unico faro di crescita in una Europa dominata dalla stagnazione. Rispetto
allo scorso anno il paese fa registrare un sorprendente +7,7% spiazzando le
previsioni che invece prevedevano una contrazione della crescita.
Il governo è molto soddisfatto dei risultati ottenuti perché
fino a pochi anni fa il paese rischiava la bancarotta tanto che il Fondo
Monetario Internazionale intervenne direttamente nell’isola.
La crisi finanziaria ha colpito duramente l’Irlanda che nel
2009 contava un altissimo numero di disoccupati e un altrettanto alto numero di
senza tetto. I problemi di disoccupazione giovanili erano evidenti.
Nel 2011 vinse le elezioni Enda Kenny leader del partito
liberale che formò una coalizione con i socialisti avente come fine rilanciare
l’economia del paese.
Gli obiettivi del governo non furono solo di disciplina di
bilancio ma soprattutto riduzione delle tasse e incentivi alla creazione di
nuovi posti di lavoro.
Enda Kenny infatti ha rifiutato un intervento troppo
invasivo del FMI ed ha optato per delle politiche liberali che si sono
dimostrate molto efficaci: egli infatti ha optato per una sostanziale riduzione
delle tasse al fine di far rifiatare le imprese, consentire maggiori assunzioni
e di conseguenza far riprendere i consumi.
Si è trattata quindi di un apolitica diversa da quella
suggerita dalla UE che puntava interamente sulle esportazioni e su una rigida
austerity.
Secondo Kenny invece la disciplina di bilancio avrebbe
potuto essere rispettata soltanto in caso di una ripresa della crescita e della
occupazione che rimanevano gli obiettivi prioritari.
Altro punto fondamentale delle riforme irlandesi è stato il
ridimensionamento della pubblica amministrazione tramite licenziamenti e
riduzione dei salari di circa il 20%.
Sono stati posti maggiori controlli sulle banche ed è stato
rivisto il sistema pensionistico.
L’Irlanda inoltre si è rifiutata di adottare una pressione
fiscale elevata come consigliato da Francia e Germania ed ha preferito
mantenere un’aliquota unica molto bassa in modo da poter permettere alle
imprese di riprendere fiato.
Andrebbe inoltre ricordato che il costo del lavoro in
Irlanda non è elevato ed è relativamente facile trovare un impiego. La legge
sui contratti è molto severa ed è previsto un salario minimo di 8,65 Euro
l’ora.
Gran parte dei contratti sono a tutele progressive ed in
caso di licenziamento è previsto un indennizzo.
La politica economica irlandese fu fortemente criticata a
tal punto da dare la colpa della crisi economica alla bassa tassazione vigente
nel paese. In realtà la crisi irlandese è stata causata dalla facilità con cui
le banche erogavano prestiti e mutui per l’acquisto di case. Il salvataggio
delle banche da parte dello stato ha fatto schizzare alle stelle il deficit ed
aumentare pericolosamente il debito pubblico.
Il problema quindi risiedeva nella scarsa regolamentazione
del settore bancario e immobiliare e non nella pressione fiscale troppo bassa.
Non a caso paesi come la Spagna e la Grecia, che hanno un regime fiscale più
elevato dell’Irlanda, non si sono salvate dalla crisi ma ne sono state colpite
più duramente.
L’esempio irlandese è fino ad ora in Europa l’unico esempio
di politiche liberali applicate per sconfiggere la crisi economica. Esse
possono considerarsi in opposizione alle politiche di austerity che prevedono
solamente tagli lineari ed aumento della pressione fiscale. Tutte soluzioni
fallimentari che paesi come l’Italia e la Francia stanno provando sulla propria
pelle.
Serve quindi una proposta politica liberale per liberare
l’Italia e l’Europa da sclerotiche burocrazie che impongono l’impoverimento
della popolazione per salvare i propri privilegi.
Questa proposta politica non può che passare per una drastica
riduzione fiscale al fine di ridare ossigeno alle imprese che potranno in
questo modo tornare ad assumere. I consumi interni così aumenteranno dando
inizio ad un ciclo virtuoso che modificherà le aspettative negative
predominanti in questo momento.
D.Deotto
D.Deotto
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